"Detto, fatto" come spesso si ripete nel testo. Ieri è uscito il film omonimo (visto), oggi ho acquistato il libro. Omonimo, tuttavia, non significa che ci sia una effettiva relazione di causa/effetto tra libro e film. Di fatto, e senza scandalizzarsi più di tanto ormai, l'editoria si trasforma sempre più in una forma di merchandising. È uscito un film ispirato alla figura di Jackie Kennedy? Perfetto. C'è questo breve monologo teatrale incentrato sulla stessa protagonista/personaggio, pubblichiamolo! Tanto più che l'autrice è un premio Nobel, facciamo una copertina che richiami spudoratamente la locandina del film e via... Che importa se il monologo di Jackie (Kennedy) è lungo giusto una trentina di pagine. Il resto della lunghezza minima di un libro di questo formato lo riempiamo con una bella prefazione colta e due discorsi/riflessioni dell'autrice sul senso/valore/funzione della lingua come forma di identità (o ombra?) dell'individuo, come mezzo dell'arte della scrittura. Tanto più che, appunto, l'autrice è pur sempre un premio Nobel... E tuttavia, al netto di questo lungo preambolo un po' amaro e un po' polemico, vi dirò che il libro merita. È cerebrale e cervellotico, evanescente ed elusivo. Eppure è una di quelle letture che "restano", "segnano". Anche se non raccontano niente. È un'operazione semiotica, come il teatro, ecfrastica come l'iconografia, ma alla fine Jackie Kennedy è esattamente questo: un'icona, un personaggio tragico in senso drammaturgico. Quanto al binomio film/libro, nessuna delle fonti consultate da me cita parentele ma il libro nel film c'è. C'è in alcuni topoi ricorrenti; c'è nell'ecfrasi simbolica del vestito rosa del giorno dell'assassinio del presidente Kennedy a Dallas; c'è nel martellare dell'immagine (in senso letterale): Jackie Kennedy è l'immagine dei vestiti che indossava. Cuciture, come si definisce lei stessa nel testo. Forma. Il contenuto vero di questa donna, a mio parere, ancora ci sfugge. E da questo punto di vista trenta brevi paginette lo raccontano meglio di una qualsiasi biografia dettagliata di 300/400 pagine.
Jackie
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"Sono la bambina nella donna"
Scritto nel 2002, il monologo Jackie, pur avendo una forte autonomia estetica e concettuale, è la quarta parte di una pentalogia dedicata a miti e figure femminili, raccolta in volume nel 2003 con l’allusivo titolo La morte e la fanciulla I-V. Drammi di principesse (di prossima pubblicazione per La nave di Teseo). Jacqueline Kennedy si rivolge al lettore situata in un altrove che non è la vita, dalla quale si è già congedata, e nemmeno un tradizionale aldilà trascendente, ma piuttosto l’indistinto immaginario in cui questa figura continua a esistere nell’epoca della comunicazione di massa. Nel dramma non troviamo infatti un personaggio colto in un momento centrale della sua esistenza, e nemmeno la coerente narrazione retrospettiva, svolta in prima persona, di una vita giunta al suo termine. Jackie parla al presente, come se gli avvenimenti a cui ha preso parte continuassero a svolgersi incessantemente. In un certo senso la sua voce sembra un commento fuori campo a una serie di celebri sequenze filmiche e fotografiche presenti nell’immaginario collettivo, fondamento della diffusa costruzione mitografica di Jacqueline Kennedy.
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Anno edizione:2017
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Maria Rosaria Minervini 05 marzo 2017
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