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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2010
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"Insegnare a vivere" è lo scopo del lavoro dell'insegnante che Andreoli mette il luce in maniera chiara e inequivocabile. L'insegnante lo fa attraverso la cultura, per riuscire a farlo deve innanzitutto attualizzare i contenuti del suo insegnamento in modo che siano vivi e utili ancora oggi e interessanti per i suoi studenti. L'insegnante deve considerare la classe come un piccolo modello di società in cui lo studente si inserirà, quindi l'importanza del gruppo perché l'individuo si realizza insieme ad altri e non isolatamente. Questa la parte che condivido; mi trovo un pò meno d'accordo quando Andreoli scrive che non bisognerebbe assegnare compiti per casa e che 5 ore di lezione, sia pure con un breve intervallo, non sono proporzionate alla soglia di attenzione e quindi sono troppe. Io come insegnante di liceo ritengo che un momento di studio a casa sia necessario come riflessione personale su quanto appreso insieme in classe la mattina; proporrei invece di lasciare dei compiti a casa che non impegnino troppe ore gli studenti. Inoltre meno di 5 ore di scuola francamente mi sembrano troppo poche, basta adottare un metodo che richieda la partecipazione dei ragazzi rendendoli attivi attraverso varie attività possibilmente di gruppo, proprio per attivare quelle dinamiche di classe cui fa riferimento l'autore. Insomma non trattarli come contenitori da riempire, in quel caso 5 ore di attenzione e ascolto continui sarebbero davvero troppe. Una cosa ancora mi lascia perplessa, l'autore scrive che non bisognerebbe valutare e giudicare gli alunni; quando scrive però a proposito del periodo universitario e poi dell'inserimento nel mondo del lavoro il quadro è molto diverso da quello di una scuola che lui vorrebbe particolarmente protettiva. Allora io mi chiedo se non sarebbe più opportuno valutare ma sottolineando che si valuta l'attività e non la persona, spiegando sempre il giudizio e mettendo in luce soprattutto come lo studente potrà migliorare, e chiedere allo studente di l'auto valutarsi; i miei alunni in genere si valutano in maniera molto seria e si concentrano sull'attività non su se stessi. In questo modo la scuola dell'obbligo avvierebbe gradualmente verso il periodo universitario e più in generale verso una società che richiede grande capacità di reagire positivamente senza farsi sopraffare dalla frustrazione. Un ultimo appunto: l’insegnante per fare bene il suo lavoro dovrebbe stare bene a scuola avendo a disposizione gli strumenti e gli spazi necessari, sapere che la società ritiene utile il suo lavoro e non solo a parole ma con un adeguato riconoscimento economico Nel complesso comunque un libro-lettera interessante e denso di spunti, scritta in uno stile scorrevole. Ne consiglio la lettura, e non solo agli insegnanti.
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