Le lettere di Platone
Giorgio Pasquali reca un impareggiabile contributo alle indagini platoniche, mostrando di quali fili sono intessute le lettere, quali condizioni politiche esse presuppongono, a quali fini mirano.
«Il nome di Giorgio Pasquali è nome insigne nell’ambito della cultura italiana ed europea. L’erudizione profonda, la familiarità della dottrina filologica europea, straniera e italiana, si accompagnano in lui a un desiderio di analisi “puntuale” sempre desiderosa di luce: non di gloria, di luce». - Carlo Emilio Gadda
Quando Giorgio Pasquali, certamente uno dei massimi autori della cultura italiana del Novecento, pubblica "Le Lettere di Platone", ha appena compiuto 43 anni ed è quindi nella sua piena maturità. Il libro va letto insieme a "Storia della tradizione e critica del testo", pubblicato quattro anni prima, e a "Preistoria della poesia romana" (1936) ed è, come questi, un libro unitario e non una raccolta di articoli. Ed è in questo libro, più che negli altri due, che è dato misurare la ricchezza e la varietà degli interessi di un filologo, che, nei quattro volumi delle "Pagine stravaganti", ci ha lasciato alcuni fra gli esempi supremi della prosa letteraria del Novecento. A differenza che nei primi due, nel libro su Platone il referente primo non è, infatti, la filologia, ma il pensiero nella sua inaggirabile relazione alla storia e alla politica. Così, nella sezione certamente più importante, quella dedicata alla Settima lettera, Pasquali scrive – sono le sue parole – «un capitolo nuovo di storia siciliana» e, insieme, per dipanare i fili di cui è intessuta la lettera, un breve ma prezioso trattato sulla politica greca nel IV secolo a.C. E forse nulla testimonia dell’orgoglio e, insieme, dell’umiltà così caratteristici della sua mente, come le parole che concludono la prefazione: «Allontanarmi da Platone m’è grave, perché so di non aver mai avuto contatto con uno spirito più alto».
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Anno edizione:2024
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