Lexia. Rivista di semiotica. Estasi-Ecstasy vol. 15-16
È estatico ogni discorso che, costruendosi nel linguaggio e col linguaggio, rappresenta una fuoriuscita da esso, un bloccarsi della semiosi, un venir meno delle distinzioni che fondano il senso. Trattasi di un'impostura? Dell'evocazione impossibile, fra le maglie dell'immanenza, di una dimensione trascendente nella quale e verso la quale la prima si sfaldi, perdendo la consistenza di strutture e opposizioni? Rispondere affermativamente sarebbe semplicistico. L'estasi rimanda a qualcosa di più della propria semplice rappresentazione, rinvia ai pregiudizi inconfessati di un'ideologia semiotica, alla trama nascosta, al negativo segreto che regge tutta la concezione moderna del senso e del linguaggio. Il discorso mistico esprime questo dubbio: e se il senso non fosse distinzione, separatezza, dualità? Se l'immanenza articolatoria che lo viviseziona non fosse che illusoria? A questo punta ogni racconto dell'estasi: al sospetto che i fondamenti della modernità, anti-misti ci per definizione, non siano che una delle possibilità dell'umano, e che una storia non detta si dipani accanto e sotto al moderno come traccia sbiadita di un altro percorso, di un altro modo d'intendere e di dire.
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