Nome d'arte di J. Cecil Pringle, attore e regista statunitense. Figlio d'arte, esordisce nel 1916 come comprimario per gli Ince Studios e poi, in ruoli sempre più centrali, spesso di villain, attraversa una cinquantina di film e giunge all'unica, tormentosa regia della sua carriera, Love's Penalty (Pegno d'amore, 1921). Nel breve passaggio alla Fox vede accrescere la propria fama virando verso ruoli di protagonista positivo, ma è I. Thalberg a intuirne le potenzialità e a metterlo sotto contratto per la mgm, affidandogli un ruolo centrale in La sua ora (1924) di K. Vidor. Imposto dallo stesso Thalberg in La vedova allegra (1925) di E. von Stroheim, contribuisce in modo sensibile al successo del film. K. Vidor ne esalta le capacità drammatiche, unite all'ironia e a un'aristocratica prestanza fisica, nel contesto realistico di La grande parata (1925), uno dei massimi successi del muto. La morte di Valentino lo lascia senza concorrenti nello stardom maschile, e l'incontro con G. Garbo sul set di La carne e il diavolo (1927), infuocato melodramma di C. Brown, avvia una tormentata relazione tra i due, sostenuta dai media e dal successivo Anna Karenina (1927) di E. Goulding. Un epilogo rovinoso (la Garbo non si presenta al matrimonio e lui aggredisce L.B. Mayer) segna sia la sua vita sentimentale sia la sua attività professionale, definitivamente compromessa dall'avvento del sonoro. Ancora in coppia con la Garbo in Destino (1929) di C. Brown e in La regina Cristina (1933) di R. Mamoulian, precipita nei gusti del pubblico e nell'alcol, che lo uccide.