(Mosca 1890 - Peredelkino, Mosca, 1960) scrittore sovietico. Nato in una famiglia di intellettuali di origine ebrea (il padre era un pittore di fama e la madre concertista), studiò composizione al conservatorio e filologia all’università di Mosca. Seguì poi a Marburgo le lezioni del filosofo neokantiano Cohen. Dopo la prima raccolta di versi (Il gemello nelle nuvole, 1914, densa di simboli di mitologia, di arcaismi), le liriche successive di Oltre le barriere (1917), Sorella mia la vita (1922), Temi e variazioni (1923) testimoniano la compiuta maturazione artistica di P. che, vicino all’esperienza futurista per i fitti incastri semantici, le vertiginose trame verbali e metaforiche, se ne distacca vistosamente per il ripudio di qualsiasi motivo declamatorio o politico, per la scelta di atmosfere intime, domestiche, quasi immemori della storia in cui il poeta si muove. Nei poemi L’anno 1905 (1927) e in Il luogotenente Schmidt (1927) P. affrontò tuttavia il tema storico: alla ricostruzione della rivoluzione del 1905, proiettata in una lontananza fiabesca, si sovrappongono ricordi dell’infanzia del poeta in uno scintillante mosaico d’immagini. Le successive raccolte (Sui treni mattinali, 1943; La vastità terrestre, 1945) riflettono più da vicino e con modi più semplici la nuova realtà e le generose lotte del popolo sovietico.Autore di splendide prose, in parte autobiografiche e, ancor più della sua lirica, influenzate dalla tecnica della composizione musicale (L’infanzia di Ženja Ljuvers, 1918; Il salvacondotto, 1931), nel 1946, proprio nell’anno in cui il violento attacco contro gli intellettuali «deviazionisti e borghesi» acuiva il distacco di P. dalla politica culturale del partito, il poeta cominciò a lavorare a Il dottor Živago, il romanzo che, inedito in Unione Sovietica e pubblicato per la prima volta in Italia nel 1957, gli procurò un’improvvisa e vastissima notorietà mondiale. Sviluppando in un grandioso impianto narrativo apparentemente convenzionale il tema della fragilità dell’individuo e quello della solitudine dell’intellettuale nell’oscura violenza della storia, il romanzo offre una ricostruzione della storia russo-sovietica dei primi tre decenni del secolo senza proporre giudizi, ma suggerendo un’alternativa spiritualistica, nutrita di sensibilità cristiana, alla versione univocamente eroico-materialistica offerta dalla letteratura ufficiale. Pur non essendo un’opera anticomunista, Il dottor Živago divenne così l’oggetto di una violenta polemica e di una dura condanna da parte della critica del regime, culminata nell’espulsione di P. dall’Unione degli scrittori e nella sua forzata rinuncia al premio Nobel, conferitogli nel 1958. Nel romanzo, che circolava clandestinamente all’interno dell’Unione Sovietica, P. inserì, come «poesie di Živago», alcuni dei suoi componimenti lirici più maturi nella loro struggente e incrinata classicità. Vanno inoltre ricordate le mirabili traduzioni (da Goethe, da Verlaine, da molti poeti georgiani e soprattutto da Shakespeare) e la sua autobiografia, pubblicata nel 1957. L’opera poetica di P. ha esercitato un notevole influsso sui poeti russi meno conformisti delle generazioni successive.