Gerard Manley Hopkins è stato un poeta inglese. Compì gli studi a Oxford, dove si convertì al cattolicesimo (1866). Due anni dopo intraprese il noviziato fra i gesuiti; ricevette gli ordini nel 1877. Sacerdote e predicatore a Londra, Oxford, Liverpool, Glasgow, nel 1884 ebbe la cattedra di letteratura greca all’università di Dublino. Le sue poesie furono pubblicate, postume, nel 1918. Il componimento più lungo e noto è Il naufragio del Deutschland (The wreck of the Deutschland, 1876), meditazione religiosa che prende lo spunto dalla morte in mare di cinque suore; ma notevoli sono anche molte delle poesie brevi, come La grandezza di Dio (God’s grandeur), Il gheppio (The windhover), Variopinta bellezza (Pied beauty), I pioppi di Binsey (Binsey poplars), Primavera e autunno (Spring and fall), Scritto sulle foglie della sibilla (Spelt from Sybil’s leaves). Importante è anche la serie dei sonetti «oscuri», che rispecchiano la tormentosa lotta del poeta con le tensioni impostegli dalla fede. Hopkins è uno dei poeti più arditamente sperimentali della letteratura inglese. La sua opera, spezzando il conformismo di tanta poesia vittoriana, anticipa molti sviluppi della lirica del Novecento. Hopkins riproduce con una serie di accorgimenti espressivi (l’assonanza, l’allitterazione, il ritmo «a salti», un lessico variatissimo e concreto) il «gusto» della realtà: ciò che egli stesso, coniando un nuovo termine, chiamò l’inscape, l’essenza unica e inconfondibile del reale. A dirigere questa tecnica compositiva, che si ricollega all’antica poesia anglosassone e alla poesia metafisica, c’è, in Hopkins, un senso spontaneo e immediato della bellezza, emanazione della vita divina. Considerato come un eccentrico dalla critica dell’età vittoriana ed edoardiana, solo dopo la lezione di Pound e di Eliot è stato pienamente riconosciuto come sperimentatore e innovatore del linguaggio poetico.
Fonte immagine: Illustrazione di Emma Lodigiani