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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2020
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Sulla Repubblica di Venezia ho letto una dozzina fra libri e saggi ma, come sempre, la storia la scrive chi ha il potere. In questo caso, il patriziato veneziano suddiviso in qualche decina di famiglie e casati dal nobil rango, tutti iscritti sul Libro d’Oro. A Venezia, pare che, a differenza di altri stati, non c’era una separazione netta tra classi sociali e l’aristocratico e il plebeo potevano vivere addirittura sullo stesso palazzo. Stranieri e profughi respinti da tutti, pare trovassero quartiere nella capitale lagunare. Tutto questo ci dà una foto di una Repubblica diversa, più umana, lontana dagli stereotipi medioevali, ma che, a pensarci bene, non riusciamo a capire se non si legge questo libro di Barbero. E’ vero, la trama è semplice ma io che ho il cipiglio dello storico, solo grazie a “Gli occhi di Venezia” sono riuscito a entrare nelle calli di una Venezia stanca, affamata, fredda, cupa, autoritaria. Sono riuscito a percepire l’arroganza del signorotto di turno, a raggelare per una sentenza dei Dieci, a sentirmi braccato anche a migliaia di km di distanza da un bando . Sono arrivato persino a respirare l’odore della “galera”, condividere i disagi della ciurma e imbracciare il remo accanto a dei compagni “galeotti” e alle loro storie personali. Il Diavolo sta nei dettagli! Grazie per questa archibugiata di realismo, professore!
Già ho avuto modo di apprezzare Alessandro Barbero come storico, di cui ho letto due saggi: l’interessante e convincente 9 agosto 378 il giorno dei barbari e lo stupendo La battaglia Storia di Waterloo. Mi piacciono il suo stile semplice, ma non povero, la capacità di approfondire senza risultare greve e in generale quella dote non frequente, ma che fa la differenza, vale a dire la straordinaria attitudine a coinvolgere il lettore. Quando sono venuto a conoscenza del fatto che è anche autore di romanzi storici (con uno, Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo, ha vinto addirittura nel 1996 il Premio Strega) ho voluto immediatamente leggerne uno e la mia scelta è caduta su Gli occhi di Venezia, sia per il periodo – il XVI secolo, che per me di notevole interesse – in cui si svolge la vicenda, sia perché, come riportato nel risvolto di copertina, la storia é veneziana, cioè nasce nella città lagunare quando ancora l a Serenissima era una grande potenza mediterranea. Ebbene, non solo l’ho letto, ma si potrebbe anche dire che l’ho divorato, tanto è appassionante e quasi tiene incollato dalla prima all’ultima pagina (e le pagine non sono proprio poche, ma ben 434). Il Doge, il Consiglio dei Dieci, questo potere che ha ovunque occhi per perpetuarsi, i mille giochi segreti dei nobili che contano e che amministrano una ferrea giustizia francamente di parte occupano una parte non indifferente di questo volume, da cui esce l’atmosfera opprimente di una oligarchia che a Venezia fa il bello e il cattivo tempo. Sono rari i condannati delle classi alte e privilegiate, mentre risultano frequenti e anche eccessivamente dure le pene a carico dei poveri, magari per reati di poco conto e sovente solo per una critica in pubblico all’operato del governo. Non manca tuttavia l’avventura vera e propria, con viaggi, per mare e per terra, negli immensi territori dell’Impero Turco, fra miseria e opulenza sfacciata. A ciò aggiungasi la storia d’amore fra Michele e Bianca, novelli sposi, ma ben presto separati a causa di una giustizia che, per far piacere a chi è potente, se la prende con i deboli. Tuttavia, dopo mille peripezie e per l’interessamento della moglie di un nobile potranno incontrarsi nuovamente, lui ottenendo giustizia, non tanto per la sua innocenza, ma perché nel gioco delle ambizioni di chi conta fa comodo assolverlo e riabilitarlo, non senza che prima si volesse considerarlo reo per quanto incolpevole. Il lieto fine ci sta tutto, con la punizione anche di nobili traditori e ladri, ma in bocca resta un retrogusto amaro, con quella conferma che la giustizia usa una bilancia con due pesi e due misure, distinguendo fra chi ha potere e chi invece è un povero diavolo. Il romanzo è molto bello, avvincente, e quindi la lettura è indubbiamente consigliata.
Un'assoluta scoperta. Alessandro Barbero a mio giudizio da considerarsi paragonabile a Ken Follet. L'autore in questo libro riesce a soddisfare con i fatti e le parole le aspettative del lettore. Con il seguirsi dei capitoli, si aprono agli occhi di chi legge nuovi scenari e nuove situazioni. Da leggere.
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