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Se avessi il talento di un regista cinematografico e volessi fare un affresco sugli anni che stiamo vivendo, attingerei ampiamente da questa antologia di racconti. Attilio del Giudice, in questo libro dal titolo folgorante, affronta una quantità di temi, di situazioni, che parlano degli uomini e delle donne del nostro tempo, del vivere quotidiano, della violenza criminale, dell’immaginario collettivo, dei sentimenti, del razionale e dell’irrazionale, varcando qua e là la linea del realismo, per toccare anche quella della surrealtà. Lo fa spesso con la tecnica del racconto breve, perfino brevissimo di tipo minimalista e, in certi momenti, questo mi sembra un limite, ma, quasi sempre, mi sembra una qualità letteraria. In sostanza Io mi sento di abbracciare quanto mi pare d’aver letto una volta: “ E’ facile scrivere un racconto breve che ha generalmente un solo fuoco narrativo, ma è difficilissimo scrivere un bel racconto breve”. Il nostro autore certamente ha scritto molti racconti brevi e belli. Storie umane coinvolgenti anche con poche parole, che, infatti, arrivano puntuali a sollecitare nel lettore riflessioni ed emozioni. Ve le consiglio. Renata
L’uccellaccio di Kafka di Attilio del Giudice. “Cosa posso fare per te?” “Porta una bacio a Maria.” “Quale Maria?” “Una qualsiasi.” “No, Vincenzì ti voglio bene, ma sono contenta che ti devono operare alla prostata.” Due delle tante perle di Attilio che mi sono portato e mi porterò dietro nella mente dopo aver letto le sue raccolte. @@@ Ho finito proprio ora di leggere “L’uccellaccio di Kafka” e sono ancora ubriacato dal girotondo-balletto dei cento personaggi che lo popolano. Come sempre i brevi racconti di Attilio sono stesi con le mollette sul suo sottile filo ironico e la sua visione del mondo attenta ai particolari, alle situazioni limite ed ai personaggi che possono essere scoperti solo da un occhio allenato e mai superficiale. Si sorride, si ride e ci si sofferma a riflettere scorrendo le pagine della raccolta. Non ci si annoia, mai. Irrompono non a caso talvolta Sigismund, Jung e via Tanucci legati all’autore da studi e dal vissuto (l’ultimo riferimento mi porta alla Saticula vissuta insieme) ma sempre con leggerezza e a ragion veduta. Non c’è tuttavia alcun cenno di disimpegno e di presa di distanza dalla società e dai malanni che l’affliggono ed allora la condanna è senza tentennamenti. La violenza sulle donne su tutti i temi trattati è giustamente al primo posto. Una scrittura originale che non cade mai in facili stereotipi e che non corre mai il rischio di annoiare chi legge. Ora lo rileggerò con calma e un racconto per volta senza una prescrizione medica ma per il gusto di immagazzinare “pittate” scritte.
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