Faraj Bayrakdar è uno degli intellettuali di riferimento dell’esilio siriano e dell’opposizione al regime di Assad. Arrestato già più volte negli anni Settanta per aver pubblicato alcuni giovani poeti siriani, nel 1987 entra in carcere per la sua attività politica e vi resta per quattordici anni.
La sua produzione poetica nasce nelle condizioni estreme della prigionia, nel disperato tentativo di resistere alla tortura, all’isolamento, all’annientamento della propria dignità.
I suoi componimenti abbandonano presto l’espressione più acerba del rancore per raggiungere un lirismo più alto, figurato, potente: “pian piano mi sono accorto che la poesia è per me il più bel volo della libertà. È l’esercizio più pieno della libertà e, insieme, è qualcosa che non può essere imprigionato”. È autore de Il luogo stretto (Nottetempo, 2016).