(Capodistria 1370 - Budapest 1444) umanista italiano, noto come Vergerio il Vecchio per distinguerlo dal nipote Pietro Paolo V., detto il Giovane (1497/8-1565), vescovo riformatore della diocesi di Capodistria, passato al protestantesimo. Compiuti gli studi di grammatica a Padova, insegnò dialettica e logica nelle università di Firenze e di Bologna, studiando il greco con M. Crisolora ed entrando in contatto con C. Salutati e con i principali esponenti dell’umanesimo non solo fiorentino (L. Bruni gli dedicò i suoi Dialogi). Nel 1405 si stabilì a Roma, alla corte di Innocenzo VII, dove compose la Poetica enarratio (129 esametri su una gara di poesia latina del 1406) e due discorsi sullo scisma, la Oratio pro reintegranda uniendaque ecclesia e le Quaestiones de ecclesiae potestate. Dal 1414 al ’18 svolse un ruolo importante nel concilio di Costanza, guadagnandosi le simpatie dell’imperatore Sigismondo, che lo volle con sé prima in Boemia e successivamente in Ungheria. Umanista di spicco, fu editore dell’Africa di F. Petrarca, commentatore di Seneca e di Ippocrate, autore di opere storiche, di orazioni, della commedia di tipo terenziano Paulus e del trattato De arte metrica (in collaborazione con F. Zabarella). Ma è soprattutto ricordato per il De ingenuis moribus et liberalibus studiis (1400-02 ca), che teorizza una educazione laica finalizzata alla vita sociale; l’opera, studiata e postillata da Guarino Veronese, ebbe larga circolazione nell’Europa del Cinquecento.