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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 1983
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Di capitale importanza per la storiografia mondiale, questo libro risolve già negli anni trenta le menzogne dello stato sovietico. La figura di Stalin, descritta minuziosamente nelle sue varie sfaccettature, allibisce per la sua perversitá. Ogni apparente conquista industriale e tecnologica alla luce dell'indagine di Souvarein ridimensionata al suo immenso costo sociale. I meccanismi del partito vengono, forse per la prima volta, rivelati per la loro essenza barbarica.
Chi pensasse, leggendo questo libro, di farsi un’idea su Stalin e lo stalinismo a mio parere spende male il suo tempo. La cosa parrebbe inverosimile considerate le quasi mille pagine di Souvarine che però non lasciano niente di più di quanto si possa trovare in un qualsiasi sussidiario di storia, senza mai un’analisi critica dei fatti, senza l’indagine doverosa sulle loro premesse e sui loro contesti e senza, purtroppo, il rigore scientifico dello storico. E qui i richiami continui all’opera storica di Jean Jaurès sono per lo meno contraddittori. Infatti, nel suo racconto, Souvarine non si sottrae affatto alla prospettiva distorta e distorcente dell’uomo di parte e che il lettore finisce per percepire animato da un livore che non compete allo storico e che spesso scade addirittura nel comune dileggio, una semplificazione - questa – che rende l’aria del libro davvero irrespirabile. Questo atteggiamento non risparmia nessuno dei protagonisti interessati ai fatti (con la sola eccezione di Lenin) i quali, chi per un verso e chi per un altro, sono tutti accomunati senza alcuna distinzione nella responsabilità, storica prima e politica poi, delle storture aberranti dello stalinismo. Persino il pensiero e l’azione di Trockij, con tutto il dramma della sua vicenda personale, vengono liquidati come “marxismo fasullo” e dalle “interpretazioni libresche” e per di più all’origine del “delirio universale” che ha poi contagiato l’Occidente dando origine a tutta una “letteratura pseudo storica, polemica e menzognera” sulle interpretazioni del marxismo-leninismo. Non si salvano da questo complotto universale nemmeno figure come Roosevelt, Churchill e De Gaulle responsabili a loro volta chi per incompetenza, chi per dilettantismo (politico) e chi addirittura per acquiescenza al tiranno. Tutto senza mai considerare le necessità storiche, politiche e sociali di un’epoca segnata dal dramma di due guerre mondiali. Sarà pur vero che Souvarine (segretario della Terza Internazionale e tra i fondatori del PCF) conclude la sua opera nel 1936 e dunque si configura più come testimone dei fatti che come loro studioso ma se tanto è vero allora non si comprende come mai lo stesso accanimento narrativo pervada anche l’Epilogo del libro scritto nel 1977. E sarà pure, come scrive Franco Venturi in quarta di copertina, che ”la passione politica brucia queste pagine” mettendo da parte “istintivamente e vivacemente ogni teorizzazione politica”. Ma resta il fatto, e magari sarà proprio per questo, che il libro può leggersi solo come un romanzo, per di più noioso.
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