Conversazione in Sicilia. Ediz. illustrata

Trovo molto difficile non riuscire ad apprezzare un’opera tanto osannata. Per onestà intellettuale non riesco ad associarmi ai giudizi positivi. Mi sembra che il testo sia stato scritto sotto un’allucinazione continua, accompagnando il lettore in un lungo viaggio in Sicilia fatto d’incontri surreali, momenti paradossali. Forse andrebbe letto attraverso la lente poetica anziché quella politica. Per questi motivi che non lo ritengo attuale. In alcuni momenti l'azione, la narrazione, si ferma come il caso dei lunghissimi e noiosi dialoghi tra i personaggi che ripetono poche frasi intramezzate da brevi esclamazioni. C’è l'assenza di un vero filo conduttore che unisce i vari incontri del protagonista, i dialoghi noiosi e ripetitivi, alcune situazioni come la serie di punture effettuata dalla madre del protagonista. L'opera presenta certo un valore storico, ma difficilmente comprensibile senza un’analisi approfondita. Ritengo quasi una perversione quella di scrivere solo per letterati. Gran parte degli autori del passato li capivano tutti, le loro opere teatrali le andavano a vedere anche gli analfabeti, molte grandi opere uscivano a puntate come romanzi d’appendice. Poi si è deciso che la letteratura doveva essere roba per intellettuali, una roba borghese per trastullarsi.

Conversazioni in Sicilia non è solo descrizione, ma è sopratutto discorso. Sono le voci e le storie delle persone a creare la tensione narrativa. E’ un romanzo dal taglio verisita, ma è anche investito dalla cupezza, dai toni ampollosi e a tratti assurdi dei dialoghi che possono risultare per certi versi sarcastici. I furori di cui parla Vittorini all’inizio, sono morali, psicologici, politici. E’ un’aspra critica al regime fascista, che aveva saputo nascondere sapientemente. Il libro vuole scuotere l’immobilismo delle persone assuefatte alla sopraffazione. Ironia, amarezza, sorpresa, tenerezza, empatia del personaggio verso "gli offesi dal mondo". E' un libro scritto negli anni 40, ma rimane attuale.