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Anno edizione: 2010
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Da decenni voci autorevoli ma sovente inascoltate, come quelle dello storico della scienza (prematuramente scomparso) Enrico Bellone o del più popolare Piero Angela, esortano a meglio riflettere sul ruolo che scienza e tecnologia rivestono nelle nostre società in termini di qualità della vita, ricchezza e, in sintesi, possibilità di sviluppo e crescita. Queste problematiche sono sovente affrontate in termini quantitativi, citando percentuali del PIL destinate alla ricerca, numero di ricercatori ogni mille abitanti, ecc.., con il fine di dimostrare l'inadeguatezza di questi parametri nel nostro Paese, rispetto agli altri Paesi industrializzati o emergenti. Bellone in questo libro cerca di andare oltre tale impostazione, risalendo alle motivazioni profonde di queste problematiche. Motivazioni che vanno ricercate nella filosofia, tanto in quella del passato (i filosofi del '500 che tanto infastidivano Galileo con la loro ricerca della verità nei testi degli antichi a discapito dell'osservazione del reale) quanto nel dibattito accademico più recente che ha visto svilupparsi correnti di pensiero fortemente prevenute nei confronti della scienza e della tecnologia, spesso disprezzate a prescindere senza però una reale comprensione dei contenuti essenziali oggetto di critica da parte di pensatori indotti a ricercare nelle teorie scientifiche (soprattutto quelle più rivoluzionarie di Einstein o Newton) significati "profondi" del tutto fuori luogo. Fino a che punto un dibattito accademico possa, tuttavia, influenzare le scelte di politici ed imprenditori è un quesito che non trova risposta ma certo è che tali impostazioni della "cultura alta" hanno contribuito al proliferare di immagini negative della scienza e della razionalità, che hanno, da un lato, generato timori infondati riguardanti i supposti pericoli derivanti dalla natura stessa della conoscenza scientifica e, dall'altro lato, hanno sovente trovato riscontro nelle simpatie popolari, complici uno scarso livello educativo nelle scuole e, per lungo tempo, una carente propensione alla divulgazione da parte di molti uomini di scienza. I risultati di tutto ciò si possono sintetizzare in alcuni dei "treni" che il nostro Paese ha così perso: la fisica nucleare (Fermi), l'elettronica (Olivetti) e la chimica organica (Natta) sono alcuni degli esempi di ricchezze perse per strada per l'incapacità di coglierne i contenuti in una visione ad ampio respiro, a vantaggio di altri Paesi che ne hanno goduto e ne godono tutt'ora i benefici. Una lettura a tratti un po' astratta ma caldamente consigliata.
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