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Anno edizione: 1985
Anno edizione: 2014
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Dopo anni di assenza, Georges Simenon torna a Liegi per assistere agli ultimi giorni della madre novantenne. Nella stanza dell’ospedale due occhi di un grigio slavato lo fissano: «Perché sei venuto, Georges?». E qui comincia un ultimo duello, silenzioso e immobile, fra madre e figlio. Per quasi cinquant’anni si sono visti poco. Ma un filo resistentissimo lega quella donna minuta, che ha vissuto sempre dello «stretto necessario» nel suo angolo del Belgio, e quello scrittore celebre in ogni parte del mondo, ricchissimo, il caso più stupefacente di fecondità nell’invenzione romanzesca. I loro rapporti non sono mai stati facili, nessuno dei due è abituato all’espansività dei sentimenti. «Ed ecco che ora, dopo tanti anni, vecchi tutti e due, ci ritroviamo faccia a faccia in quest’ospedale, con questi personaggi di cera intorno a noi». Eppure, solo ora Simenon ha l’impressione di capire sua madre, e insieme di non sapere quasi nulla di lei. C’è un fondo comune in questi due esseri: la madre, testardamente, ha «sempre voluto appartenere al mondo della piccola gente»; il figlio si è nutrito di quel mondo in ogni nervo per evocare, con sonnambolica sicurezza, centinaia di personaggi. E solo ora, nella scansione perfetta di questa Lettera, si avvicina alla verità di un personaggio di tale forza che gli ha resistito sino alla morte.
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Un libro intenso e lucido nello stesso tempo: la storia vera di un uomo (lo stesso George Simenon) ormai adulto che dice addio ad una madre severa e dignitosa assistendola silenziosamente negli ultimi giorni di vita. Giorni che sono preziosi per il protagonista per ripercorrere gli anni, le tappe, le parole dette, ma soprattutto quelle non dette in un rapporto materno che -dai tempi di Edipo- sa di amore e di odio nello stesso tempo. A leggere ora questo scritto del 1974 sembra di vedervi il film "A mia madre" di Nanni Moretti del 2015. Le pagine sono ben scritte, piacevoli e scorrono veloci in mezza giornata.
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