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Nell’umanesimo veneziano della prima metà del Cinquecento, tra tipografi, filologi, storici, fiorisce un singolare intellettuale, colto letterato e alto burocrate, amico del Bembo e del Fracastoro: Giovanni Battista Ramusio. Segretario del Senato e diplomatico sottile, egli avverte come pochi altri i mutamenti introdotti nella storia dell’Europa dall’allargarsi dell’orizzonte geografico, dai contatti con popoli lontani e ancora pressoché ignoti. Acutamente si inserisce nel lavoro dei cartografi e aduna e traduce un corpo imponente di navigazioni e viaggi che dai tempi dei pionieri cartaginesi arriva fino ai suoi, quelli di Vespucci e di Magellano. Nascono cosí i grossi tomi di un’opera che immortala il nome di Ramusio, usciti in varie edizioni tra il 1550 e il 1606; quelle decine e decine di trattati, di diari, di «itinerari», di relazioni, tornano in edizione fedele, in sei volumi dei «Millenni» a cura di Marica Milanesi. Il terzo volume si apre con una rara ed ampia redazione dei Viaggi di Marco Polo, ricostruiti da Ramusio sulla base di un «manoscritto antichissimo» da lui rinvenuto a Venezia. Continuazione ideale di questo grande viaggio è la Storia dei Tartari di Hethum di Corico (Hayton Armeno), mentre la parte centrale del volume è dedicata alla Persia e alla sua storia con i resoconti di Giovanni Maria Angiolello, Giosafat Barbaro, Ambrogio Contarini e di un anonimo mercante veneziano. Le descrizioni dello storico Paolo Giovio e di Albert Pigghe (Alberto Campense) introducono il grande affresco della Russia e della Moscovia di Sigmund von Herberstein, osservatore tra i piú acuti e curiosi di quelle terre.
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