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La foce - Giuseppe Mancusi Barone - copertina
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La foce
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La foce - Giuseppe Mancusi Barone - copertina
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Descrizione


La Foce non è solo un affresco di un borgo, quello di Sarno, per come era un secolo addietro. È soprattutto uno scenario di cui si avvale l'autore per popolarlo di personaggi che, per l'amore, la sensualità, l'odio, l'ambizione che esprimono, appartengono alla latitudine dell'Uomo che nel suo essere e divenire, rimane immutabile, ad ogni latitudine storica. Per tale architettura, sempre sorretta da una forma duttile e scorrevole, il libro si legge tutto di un fiato. Anche per il susseguirsi, con repentini cambi di scena, di vicende, una diversa dall'altra ma tutte sempre legate da un'intima economia d'insieme. Indiscusso protagonista del libro è il nonno dell'autore, valente avvocato penalista, e uomo politico, sensibile ai bisogni della sua gente, ma che viene colto anche nei suoi momenti di caduta, che lo rendono ancora più vero, vivo e palpitante. Accanto a lui, si muove Demetrio, uomo di straordinaria bellezza, che è a lui legato come e più di un fratello. Personaggio che viene colto essenzialmente nella sua separatezza, che è la traduzione, in immagine letteraria, dello slancio vitale di Bergson, il grande pensatore francese del secolo scorso, che in Demetrio diventa capacità di ritrovare se stesso, per essere vicino agli altri. Intorno a loro due si muovono altri personaggi, tra i quali Concetta Mazza che volle divenire Lady Ketty e Virginia che dopo trent'anni si riprende la sua dignità di donna, strappando alla odiata suocera le chiavi che aveva alla cintola, segno del suo potere di matriarcato di cui aveva orrendamente abusato, soprattutto ai suoi danni.
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Dettagli

2020
21 gennaio 2020
425 p., ill. , Brossura
9788868665975

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

Il libro di Giuseppe Mancusi Barone si fonda essenzialmente sui ricordi familiari sarnesi, che egli sente con forza, e solo attraverso la scrittura gli pare di appagare quanto deve ai suoi antenati soprattutto al nonno Giuseppe Vittorio Mancusi ed il bisnonno garibaldino Giacinto Mancusi. Diderot ha scritto molto sul tema della memoria: "La memoria è il legame da tutto ciò che l'uomo è stato in un istante a tutto ciò che è stato nell'attimo seguente, stati d'animo che ricorderanno a tutti ciò che l'uomo ha percepito (sentito) durante la propria vita". Cosa sono i ricordi? Non si possono sentire né toccare ma albergano in noi e spesso sono così grandi da essere indistruttibili. L’incipit lo abbiamo con accenni al fiume Sarno ed alla sua sorgente in località Foce, così chiamata perché si trova a sgorgare da una gola faux, faucis Subito viene chiarita la genesi del libro che risale al 2011 e di quando nel 1992 pensava al nonno – famoso avvocato che insieme a tutti gli altri personaggi del romanzo «sono tutti persone vere e vissute in un secolo addietro». Tout court si avverte la peculiarità del modus scribendi perché il Mancusi Barone è un narratore omodiegetico che fa ben avvertire la sua costante presenza all’interno della narratio. In sostanza la sua è del tutto priva di edulcorazioni e riferisce il tutto con un piena partecipazione emotiva. Si pensi quando parla del bisnonno Giacinto Mancusi garibaldino della prima ora e della persecuzione subìta dai Borbone con la confisca dei beni e l’inibizione ad esercitare la libera professione legale. Ma il colmo è quello di leggere come anche la monarchia sabauda non provvide per nulla a far ritornare ai legittimi proprietari i beni immobili confiscati. «La mia famiglia ha dovuto subire l’onta di vedere installati sulle loro terre avidi massari, assetati di terre e di potere….»- L’intero romanzo attraverso i vari episodi ci consente di vedere vari elementi caratterizzanti la vita nel secolo scorso a Sarno, costellata da momenti di sensibilità sociale come quello del consuolo per mitigare il lutto e far sentire la propria vicinanza al dolore. Si staglia subito sui personaggi la figura di Demetrio, ragazzino analfabeta, che grazie alla sua ferrea volontà riesce , molto presto, ad imparare a leggere ed a scrivere e a divenire il factotum e l’uomo di fiducia dell’avvocato Mancusi. Demetrio viene sorpreso dall’avvocato nel suo studio con uno dei primi libri che legge Le mie prigioni e poi raggiunge anche una buona conoscenza del Diritto. La grande humanitas del nonno traspare dall’episodio che riguarda la prostituta di Castagnitiello in cui il nonno guardando questa giovanissima prostituta, dileggiata da un volgare individuo, rimembra la sua giovane figlia Leonilde scomparsa prematuramente due anni prima ed allora la tratta con il rispetto dovuto. Molto divertente e ricco di particolari e il racconto sull’assaggiatore di letame, e sì perché un tempo questo era il concime per i campi che veniva acquistato dai contadini. E l’assaggiatore si presentava vestito di tutto punto e poi dopo aver indossato un camice assaggiava realmente il letame e, con la sua esperienza, sapeva discernere la sua qualità ovvero se era annacquato o meno, e da lì che derivava il prezzo. Il suo giudizio era insindacabile. Ovvero «proprio per la competenza che si riconosceva agli assaggiatori, il loro giudizio doveva essere super partes quasi che fosse un arbitro, chiamato a pronunciarsi»-. Ritornando a Demetrio che poi assume la denominazione Demetrio di casa Mancusi un termine lo caratterizza ed è la separatezza con cui andava al cuore di ogni cosa. Viene presentata il rito dei clientes che ringraziano l’avvocato con i prodotti della terra e cercano sempre di ridurre il canone di fitto adducendo che l’annata non è stata proprio buona, ma sono solo scuse per cercare di risparmiare. Il capitolo sulla conta ci dà uno spettacolo minuzioso sui capi di biancheria che la futura sposa doveva portare in dote per il matrimonio e dove non doveva mai mancare il moccaturo che alla prima notte di nozze serviva per mostrare le macchie di sangue, segno della verginità della sposa. E qui non si può non ricordare la triste vicenda di Virginia che non poté dimostrare la sua illibatezza per la sua particolare conformazione ma che poi sa vendicarsi dei soprusi subiti. Pagine malinconiche sono dedicate al degrado Borgo e al Palazzo Mancusi, mentre il discorso che viene rivolto ai contadini (cafoni) sul suffragio universale è degno di un uomo caratterizzato da ideali di autentica democrazia ed infatti così si esprime: ?Ed ora è venuto il suffragio universale, il voto il cui diritto vi viene riconosciuto solo per aver compito trentanni, e ventuno se avete almeno la quinta elementare. Ed è per questo che si chiama universale, perché concesso a tutti…Dovete dunque sapere bene, innanzitutto a chi darete il vostro voto, imparando a distinguere quelli che il voto lo spenderanno per voi e nel vostro interesse». I capitoli che si ergono al di sopra degli altri sono quelli inerenti l’omicidio di San Valentino e il processo Taffari. Proprio da queste pagine, molto chiare e caratterizzate da una chiara padronanza ,giuridica, derivatagli a Giuseppe Mancusi Barone dalla sua lunga carriera di giudice, emerge la grande capacità del nonno nel saper capovolgere complesse sentenze. Queste sentenze che per varie incapacità o di qualche legale o per superficialità delle indagini rischiavano di mandare al carcere a vita gli imputati. Egli con chiara professionalità e padronanza della norma e alla ricerca costante della verità, unica ed incontrovertibile, riesce a salvare due imputati che si vedevano già condannati all’ergastolo. Anzi desta scalpore quanto accaduto a San Valentino, dove un certo Angelo Savino, che aveva sequestrato e violentata la ragazza Concetta Crescenzo veniva ucciso a pallettoni dal padre Crescenzo Mazza, e viene salvato in appello dall’avvocato Mancusi che sa dimostrare che quello fu un delitto d’impeto, d’onore e non affatto premeditato. Così la difesa di Onofrio Taffari accusato di omicidio fa emergere una valentia e un sapersi muovere a livello di indagini sino a ribaltarle facendo emergere la realtà come quella di una legittima difesa. Siamo di fronte ad un’opera narrativa in cui l’Autore, dopo un periodo di distacco da Sarno , città dei suoi illustri antenati, pare proprio ritornare con affetto e viva partecipazione facendoci riscoprire attraverso i suoi antenati, una città che ora non c’è più, ma che grazie a lui possiamo entrare in quegli anni che vanno dagli inizi del Novecento del secolo scorso e sino alla seconda guerra mondiale. E anche se quel mondo, descritto mirabilmente e con crudo realismo dall’Autore, oggi non ha più segreti, per noi, o almeno ne ha molti di meno, esso mantiene intatta la sua suggestione, in virtù della carica emotiva, amara e violenta , che il Mancusi Barone ha saputo imprimere alle sue pagine. In effetti i vari momenti narrativi si costruiscono intorno ad un nucleo di immediatezza, egli ricerca l’attenzione del lettore, senza artificio offrendogli squarci vissuti di personaggi talora comuni. La ricerca del tempo che si credeva perduto ma che si ritrova inaspettatamente nelle parole di chi, come Giuseppe Mancusi Barone, sa trasformare queste ombre troppo lunghe del nostro breve vivere. Alberto Mirabella 12/3/2020

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Recensioni: 5/5

Una sintesi tra la cura del dettaglio, la introspezione, la polifonia della letteratura russa e la narrativa traboccante un realismo magico ed insieme passionale, avvolgente, paradigmatica della esistenza umana dei romanzi latino-americani, ma con le stimmate emozionali con le quali l'autore ha saputo affrescare l'ancestrale richiamo che lo ha riportato alle radici dell'anima, ricucendo il filo invisibile che sempre lega l'individuo alla propria storia familiare... questa, per me, la Foce, il cui spartito narrativo ha la capacità di traslare il lettore nel percorso degli accadimenti, i quali trasudano sentimenti e suggestioni che rapiscono chi ha tra le mani tale manoscritto, grazie ad un impianto lessicale straordinario ed evocativo... La separatezza di Demetrio, il capitolo dedicato alla giovane prostituta di Castagnitiello unitamente alle vicende umane e processuali di Concetta Mazza ed Onofrio Taffari, senza per questo voler fare ombra alle altre pregevoli tracce del romanzo, sono quelli che maggiormente hanno trasportato il mio leggere... ...la Cappella, poi, chiude, in modo mirabile, il romanzo che, come avete potuto comprendere dalle righe dianzi spese, mi è davvero piaciuto per la vivida coralità della narrazione, accompagnata dall'impareggiabile linguaggio che il Mancusi Barone domina con valentia ed armonia.

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Recensioni: 3/5

Sono Mancusi Barone, l'autore del libro. Invito a leggerlo, perché pur ricco di circa 400 pagine, si legge tutto di un fiato e a lasciare un commento , ovviamente , anche se negativo. Sono convinto che molti resteranno felicemente impressionati dell'affresco che sono riuscito a fare del mio antico borgo. mancusibarone

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