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Il libro curato da Livio Pepino è davvero piacevole da leggere e costituisce un’analisi sulla situazione odierna della Giustizia in Italia, al centro di forti discussioni da anni. L’idea del curatore è stata quella di avvalersi dell’esperienza di sedici magistrati, lui compreso, per spiegare il significato di sedici parole giuridiche usate troppo spesso incautamente dai protagonisti dei media e dei giornali. Ad ogni capitolo, quindi, corrisponde una parola spiegata da uno di questi magistrati in maniera esauriente, evidenziando eventuali frequenti manomissioni del significato da parte di chi, troppo spesso, ha l’interesse a farlo. Queste parole sono: difesa, errore, garantismo, giudici, indipendenza, giustizia ed informazione, intercettazioni, legittimazione e consenso, libertà personale e custodia cautelare, obbligatorietà dell’azione penale, pena e carcere, politicizzazione, prescrizione, separazione delle carriere, tempo ed, infine, uguaglianza. All’interno del libro, si sottolinea molte volte l’esigenza di una vera riforma della giustizia, favorendo così sentenze meno lunghe. Secondo questi magistrati, ciò può essere fatto tramite: una miglior distribuzione dei tribunali sul territorio, un numero maggiore di giudici e di personale amministrativo, creando così uno svantaggio per coloro che vogliono approfittare dei tempi lunghi della giustizia ai fini della prescrizione del reato, e favorendo una cultura di risoluzione dei conflitti al di fuori del processo. Oggi si punta invece, secondo le voci raccolte nel libro: alla spettacolarizzazione della giustizia; a sfavorire l’uso delle intercettazioni, parlando di minaccia alla privacy anziché di fondamentale strumento d’indagine contro la criminalità; a mescolare l’imparzialità del giudice con il suo diritto ad avere idee; alla separazione delle carriere come tentativo da parte della politica di sottomettere il potere giudiziario all’esecutivo, al fine di controllare l’operato di chi indaga; alla continua introduzione di leggi ad personas come quella sulle rogatorie internazionali del 2001, la Cirami del 2002, la ex-Cirielli del 2005 e la legge Pecorella del 2006, per non parlare di un ipotetico Lodo Alfano in via di studio; e ad operare una serie di critiche, molte delle quali senza fondamento, alle quali i singoli magistrati, chiamati in causa in questo libro, rispondono colpo su colpo. «Giustizia» è perciò una raccolta interessante che si avvale di prestigiose firme per spiegare il punto di vista di una categoria che continua ad essere nell’occhio del ciclone.
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