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Camille ha dodici anni e l'inizio dell'adolescenza, batte con i pugni sul petto. Camille è figlia di un direttore del carcere del Pennsylvania, la sua casa, adibita sopra all'ingresso del carcere, viene gestita dalle detenute più fidate. Camille è una ragazzina senza peli sulla lingua, si fa voler bene per i suoi atteggiamenti buffi e la sua innocenza; diventa la confidente di ogni detenuto e quando il padre le permette a suo modo di girare all'interno della prigione, quel mondo diventa parte di lei. Non ha paura di nessuno, non ha timori nemmeno nei confronti di chi sconta pene anche pesanti. Vista come una mascotte da tutta la prigione, Camille detta Cammie passa le giornate insieme alle detenute dell'ala femminile; orgoglio di un padre purtroppo non troppo presente quanto vorrebbe. Ora che l'adolescenza, grida nel suo petto, Camille attraversa tutte le fasi di quando da una domanda, si ha paura di conoscere la risposta: rabbia, negazione e accettazione. Alla fine l'accettazione vince su quella paura e quella negazione, comincia così ad interrogarsi su tante cose, capendo che ciò che cerca in quella prigione, gli sguardi che ruba, il bisogno di contatto con le altre donne, in realtà è frutto del bisogno di ciò che non ha affianco: una madre, persa quando lei era ancora in fasce. Camille è un maschiaccio, è una di quelle ragazzine che si veste svogliatamente, tanto per coprirsi, poco le importa se i capelli sono pettinati o in disordine, Camille vive l'avventura, eppure adesso sente bruciare nel suo interno, il bisogno di una madre che l'accarezzi nei momenti difficili, che le pettini i capelli, che non la faccia sentir sola. L'ossessione della figura materna, porta la ragazza a scegliere una delle detenute come madre, la stessa detenuta che si occupa della pulizia dell'appartamento dove vive con il padre. Più Camille si avvicina a lei, più Eloda si allontana. Diventano come due poli uguali di una calamita sbagliata, non riescono ad attrarsi l'un l'altro, non si possono legare. Eloda è silenziosa, ha bisogno di avere le sue distanze, tratta quella ragazzina con formalità, sottolineando l'estraneità della cosa. Camille di questa reazione ne è spaventata, l'ossessione del bisogno di avere una madre le porta ancora più rabbia quando, la sostituta, l'abbandona come l'originale. La rabbia che brucia nelle vene di Camille, la porta a compiere gesti disordinati e a prendersela con chiunque incroci nella sua strada. Il desiderio di averla, di sentirsi amata, erutta come un vulcano nella testa di Camille. La magia più grande che lo scrittore compie, è quella di farci trovare esattamente nella pelle di quella ragazzina arrabbiata, delusa dalla vita. Guardandoci allo specchio, i nostri occhi sono annebbiati dai suoi, diventiamo noi stessi Camille, provando quella rabbia, quella mortificazione, quella sensazione di vuoto opprimente dentro al petto. Il bisogno di trovare un lieto fine a quella storia, alla nostra storia, ci porta a divorare il libro in poche ore, a sentire la necessità di un lieto fine per quella ragazzina che aveva solo bisogno di sentirsi amata. Ancora una volta Jerry Spinelli non crea un romanzo, ma apre le porte della mappa dell'anima, ci porta a percorrere un sentiero di formazione, nonostante la nostra crescita sia finita da secoli. L'autore dona consigli al nostro bambino interiore, chiuso in chissà quale gabbia al nostro interno. Ogni personaggio del romanzo, il padre a volte troppo orgoglioso, la competizione che Camille sente intorno a lei, le amicizie che trova nei detenuti, vengono sottolineati da una forza che li fa sentire vivi, una forza che ci permette di sentirli al nostro fianco, quasi come se quei personaggi diventassero una nostra famiglia. Se all'inizio del romanzo il libro sembra scivolare goccia dopo goccia, dopo qualche capitolo ci si ritroverà in una tempesta, in un diluvio di emozioni e sensazioni che non sarà facile uscirne. La figlia del guardiano non si legge solo per una volta, si ha il bisogno di rileggerlo ancora e ancora, di trovarsi lì tra quelle mura e sentire il bisogno di urlare. E' un libro che grida, che rompe il suono e ciò nonostante non fa rumore. Forse una mamma angelo ha bisogno di nascere, ha bisogno del respiro dle suo bambino. E così sussurrai il suo nome - poi lo dico ad alta voce - Anne O'Reilly! e lo soffiai verso le stelle
Recensioni
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