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«Il prossimo anno sono quaranta!» dice Rosanna, e scoppia a ridere. Una risata un po' chioccia, sospesa a metà, quasi imbarazzata, come se avesse appena raccontato una barzelletta sporca. Io la guardo e non capisco. Perché ha voluto a ogni cosato organizzare una festa per il mio trentanovesimo compleanno? Una festa così, in una discoteca, con tutta questa gente, un rumore insopportabile. Ha esattamente dieci ani più di me, il traguardo più vicino, per lei, è rappresentato dai fatidici cinquanta, che sembra voler affrontare a passo di carica, smettendo di tingersi i capelli e gridando al mondo la sua rabbia di donna sola, divorziata e cinica, che degli uomini non sa che farsene. E delle donne nemmeno. Salvo quelle due o tre che costituiscono il suo mondo. Sua figlia Gabriella, sua madre Maddalena e io. La sua amica del cuore, dice lei, come una sorella. Quasi un'altra figlia, penso io. Lei scrive libri per bambini, tiene una rubrica su un quotidiano importante, frequenta i salotti giusti. Sa sempre che cosa dire, cosa pensare, come vestirsi, e naturalmente dove andare in vacanza. Io li illustro, i suoi libri, vivo all'ombra del suo successo, ma non me ne lamento. Il mio lavoro mi appassiona, mi stimola, è una fonte di continue scoperte. E poi cosa può esserci di meglio che disegnare per i bambini quando ti ritrovi con due bambine in casa? E ti sembra un prodigio la loro presenza e una magia il fatto di avere a disposizione, e senza alcuna fatica, gli strumenti perfetti per comunicare con loro: pennelli e pennarelli, colori e fantasia. Per tanto tempo ho pensato al mio angolo di mondo come al più confortevole dei nidi, un luogo sicuro, dove essere felici, sentirsi al riparo. Pensavo di conoscere il posto di ogni cosa, il nome di ogni strada, la mappa della mia vita. Invece.