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In questo singolare diario, il filosofo svizzero Max Picard, amico di Joseph Roth, racconta l'Italia del secondo dopoguerra evocando un viaggio avvenuto negli anni 1949-1950, con mezzi di trasporto pubblico e a piedi, in un dialogo continuo con operai, commercianti, anziane contadine.
«Picard non cerca famosi monumenti o le lezioni di un augusto passato, e non è attratto da pizze e mandolini. Nelle pieghe di un mondo distrutto, cerca la natura indistruttibile delle cose. Le cose, gli oggetti hanno una presenza che richiede cura attenta e amorevole per essere colta, per stabilire con essa un rapporto immediato, non-mediato da mille altri riferimenti e distrazioni» - Ermanno Bencivenga, Il Sole 24 Ore
Tradotto per la prima volta in italiano, il testo fa emergere il volto di un Paese perennemente sospeso tra la distruzione dissennata di un patrimonio monumentale e umano unico al mondo e la resistenza a questa furia annientatrice. Picard ci permette così di guardare alle nostre città e ai suoi abitanti in modo davvero inedito.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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