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I fatti descritti in questa storia sono realmente accaduti a bambini reali in campi profughi altrettanto reali in varie parti del mondo negli ultimi anni.
«"Mi chiamo Bambino" si pone come un monito che denuncia l’infanzia rubata a migliaia di bambini. È una storia di miseria, fame e fango. Ma è anche una storia di solidarietà e speranza. Save the Children ha deciso di concedere il proprio patrocinio e sostenere in modo simbolico questo racconto poetico che con un tono dolce e a tratti commovente riesce a raccontare una crudele realtà dei nostri giorni. Mai come in questo libro la parola, scritta e raccontata, si fa carico di una missione fondamentale: dare voce a chi, una voce, non ce l’ha. E prendersene cura» – Save The Children
«Tutti noi non vogliamo altro che un luogo a cui appartenere. Vogliamo non dover soffrire la fame. Vogliamo poter ridere e giocare. Vogliamo vivere. Ed è per questo che ho scritto "Mi chiamo Bambino"»
I bambini del Campo non hanno il passaporto. Per questo sono bloccati lì. Le Guardie hanno dato loro un nuovo nome: Bambino I, Bambina M, Bambino A, R, O... Sono fermi in un presente immobile, fatto di fango ed espedienti per mangiare. E allora Bambino I decide di raccontare: sa quanto sono importanti le storie se vuoi dimostrare chi sei. E mentre seguiamo giorno dopo giorno i suoi passi, scopriamo che la vita è più tenace di ogni burocrazia. «Chi ha voglia di fare un gioco?», chiede I, e trasforma quel mondo di fango in oro. La storia di Bambino I è una storia commovente, drammatica. Soprattutto, è una storia vera. Età di lettura: da 11 anni.
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