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Definirei questo libro un concentrato di novità nella quotidianità: tutti noi sappiamo quanto le dicerie siano nocive e malvagie, eppure da soli sembra quasi impossibile riuscire a fermare questo vortice. L’autore ha ben chiaro questo aspetto della società odierna: basti leggere il capitolo sulle cause del pettegolezzo, dove troviamo scritto che “non ci si rende conto del male che si sta compiendo e non si percepisce più il confine tra il bene e il male”. È proprio in questa constatazione, tanto semplice perché sotto gli occhi di tutti, che colgo l’elemento di novità dell’autore, ovvero la riflessione sul potere della Parola che, seppur articolazione di suoni, richiede – per essere usata con saggezza – di essere pensata nell’ottica del silenzio. Come è possibile conciliare Parola e silenzio? sembrano due termini opposti, eppure l’autore, lungo tutto il testo, dimostra chiaramente la loro reciprocità se vogliamo essere portatori di benedizione piuttosto che di maledizione. Un altro aspetto mi colpisce particolarmente: lo stile semplice, chiaro, lineare, che accompagna il lettore alla questione e lo conduce, senza lunghe attese, al centro della questione. Si coglie, senza non troppe difficoltà, l’impronta cristiana del testo, ma il libro penso possa essere letto da tutti, inclusi i non credenti, dato che l’intento dell’autore non vuole essere quello di evangelizzare o convertire, ma di far capire come quello del pettegolezzo sia un problema che caratterizza da sempre l’uomo: dai tempi di Gesù Cristo fino ai giorni nostri. Detto questo, non posso che esprimere una valutazione pienamente positiva: grazie Don Leo, mi hai dato la possibilità di riflettere molto sulle mie relazioni!
Nel tempo delle fake news, delle post verità, delle troppe parole che rendono l’uomo ostaggio di un sistema comunicativo ingombrante, che non sa più dare un nome alle cose, come poter ridare dignità alla parola, come poter tornare a comunicare, creando occasioni di dialogo e non più di scontro, fuggendo così la facile tentazione di maledire (dire-male dell’altro)? A questi e ad altri attualissimi interrogativi risponde don Leoluca Pasqua nel suo ultimo libro “Il pettegolezzo. Tra malizia e superficialità”, edito dalle Paoline. Partendo proprio dal tema del pettegolezzo, vera e propria piaga che inquina gli ambienti in cui viviamo, comprese le nostre realtà ecclesiali, e che ci rende tutti più lontani e più isolati, l’autore ci coinvolge in un cammino che, passando dal dato sociologico e biblico-spirituale sulla maldicenza e attraversando alcuni possibili rimedi, porta il lettore ad acquisire un vero e proprio stile benedicente (che, cioè, dice bene) verso l’altro, verso il fratello che resta un dono. L’appello che ci viene da questo libro ha il sapore di una sana provocazione, quella cioè di lasciarci entusiasmare in un «percorso di rieducazione del linguaggio, per allontanare il vizio del pettegolezzo». (cf. Il pettegolezzo, p. 67) In realtà, entrando sempre più in profondità nelle pagine di don Leoluca, ci accorgiamo che ben più alta è la posta in gioco. Non si tratta infatti - “semplicemente” - di evitare di parlare male degli altri, bensì di tornare a ridare dignità alla parola, elemento fontale del nostro essere donne e uomini in relazione. Paradossalmente proprio questo nostro tempo è il tempo più fecondo per tornare a guardare al “mistero” della parola con prudenza, con attenzione, con misericordia, consapevoli che «grazie alla parola l’uomo entra in dialogo, uscendo fuori da sé per incontrare l’altro, per incontrare il mondo. La parola è carica di potenzialità, è creativa, porta al nascere di qualcosa, suscita delle reazioni, diventa un “appello”, una provocazione per l’altro ed esige sempre più una risposta». (cf. Il pettegolezzo, p. 59) La lettura di questo libro può ridestare in noi l’entusiasmo di vivere da protagonisti l’affascinante avventura di compiere il nostro “esodo”, andando verso l’altro, consapevoli che alla festa della fraternità c’è posto per ciascuno di noi.
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