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Anno edizione: 2021
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I saggi che Piero Violante mette in sequenza in questo libro – quasi un omaggio a Adorno a cinquant’anni dalla morte – insistono su quella intuizione secondo cui la musica austrotedesca, a partire da Schubert, è profezia e protocollo della malaise del moderno; evidenziano la complessa e ambigua dimensione sociale e politica della musica in due «ferite»: la Grande Guerra e Auschwitz; s’interrogano sul protonazismo che Wagner anticipò nei suoi scritti per sostenere una nazionalizzazione delle masse all’insegna dell’antisemitismo; si soffermano sull’esemplare resistenza alla musica-crisi di Richard Strauss e di Erich Korngold: l’ultimo enfant prodige del mondo di ieri che con maestria caramellò il morbide fin de siècle.
Con America di Kafka sottobraccio, Theodor W. Adorno sbarcò a New York il 23 febbraio 1938, e, come Karl Rossmann, protagonista del romanzo, vide la Statua della Libertà innalzare una spada. Un brivido gli passò per la schiena. Al porto lo attendeva il sociologo viennese Paul Lazarsfeld, direttore del Princeton Project (sull’uso della musica alla radio), che lo aveva ingaggiato. Preso dalla lettura di America, Adorno scambiò la sede, a Newark, del Princeton Project, per il teatro naturale dell’Oklahoma e si immedesimò in Karl Rossmann sino a condividerne la sorte: Karl si era offerto come attore ma venne ingaggiato dal teatro come operaio. Adorno si attendeva che al Princeton Project gli chiedessero delle «intuizioni centrali» su musica e società; gli chiesero invece delle «informazioni utili». Indignato, all’ombra della spada che Kafka gli aveva fatto vedere e della sventura che quella spada minacciava, si recò in California per scrivere con Horkheimer Dialettica dell’Illuminismo. L’intuizione centrale che Lazarsfeld non gli chiese argomentava la musica come fattore di crisi e non di ricomposizione sociale.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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