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La tesi dell'autore : Maria Goretti non è una santa, ma semplicemente una martire del suo stesso ambiente di vita, martire della sofferenza endemica delle paludi pontine, martire di un tentativo di violenza da parte di un giovane del luogo a sua volta vittima di un contesto sociale aberrante; la sponsorizzazione del processo di santificazione è stato solo una modalità , per la Chiesa dell'epoca, di offrire, in modo molto artefatto e truffaldino, un esempio di vita pia ed incorrotta da seguire... ma Maria Goretti non era una santa, ma una semplice ed innocente vittima , come migliaia di altre, della sopraffazione, della miseria sui poveri vinti : i contadini; lei come il suo carnefice costretti all'unico destino possibile, ossia quello della fatica nera nell'agro pontino di inizio novecento, un inferno senza pari alimentanto e mantenuto in essere proprio da quella nobiltà dispotica e signorotta e da quella chiesa cattolica che mal vedevano le rivoluzioni sociali e socialiste di inizio novecento, e che nella figura strumentalizzata di Maria cercavano appunto un santo popolare che potesse maggiormente rendere auspicabile la "beatidudine" della "sottomissione" fino al martirio, martirio che, secondo l'autore, in effetti, non è avvenuto, perchè Maria è stata sicuramente barbaramente uccisa, ma la sua ostinazione a mantenere intatta la purezza, più che dettata da una volontà di martirio è stata dettata semplicemente da un istinto primordiale di sopravvivenza , insito in ciascuno di noi. Questo non sminuisce certamente la tragicità e la crudeltà del dramma, ma gli toglie semplicemente quell'aura di falsa santità e di costruzione iconica che la Chiesa ne ha voluto fare, dando alla stessa Maria Goretti un volto , nei dipinti, non suo, dato che della piccola ragazzina non esistevano ritratti. Il merito dell'autore ,quindi,sta nell'aver descritto una vicenda sopratutto terrena , fatta di miseria e di dolore puro, che non hanno nulla nè di redentorio nè di salvifico, ma che riportano la vicenda a quella comune a tante famiglie dell'agro pontino dell'epoca, ma non per questo meno dolorosa. Che si voglia o meno accettare la tesi dell'autore, resta comunque intatta una descrizione accurata dell'esistenza tragica delle famiglie contadine italiane di inizio 900, vessate da signori, nobili e prelati, e quest'ultimi paradossalmente, si servono proprio di una vittima dell'epoca che hanno contribuito a costruire, per rendere meno amaro e più accettabile lo status quo di miseria e sottomissione.
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