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Il complesso intreccio di funzioni del linguaggio rimanda costantemente ad un altro sé, ma nel suo oscuro trasferirsi alla rappresentazione può farsi improvvisamente limpido, evocando istantaneamente una comune presenza. La parola si dissocia allora dal codice che socialmente la comprende e la governa, per divenire espressione di un sé aperto che cerca l’incontro. La sessualità, inderogabilmente interattiva, trova così attraverso la parola una fusione simbolica alternativa e complementare alla prossimità fisica. Linguaggio e sessualità formano con la mediazione della rappresentazione una triangolarità che racchiude la coppia e che spesso, nella sua mancata espressione, la soffoca. Coglierne le relazioni, osservarne le declinazioni, così come afferrare il senso della sua muta fissità può consentire il disvelamento di quanto rimane escluso dalla pura indicazione semantica. Il suo apparire però, seguito da una incessante riammantarsi, mostra – come sempre – la costitutiva inconciliabilità delle esperienze umane.
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