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Il testo di Sheldon Wolin è passato in larga parte inosservato in Italia e pochi giornali ne hanno parlato (con l’eccezione di “Avvenire”, che ha dedicato al libro una lunga recensione di Palano). Negli Stati Uniti, “Democrazia Spa” è stato invece considerato con molta attenzione, per almeno due motivi. Innanzitutto, perché Wolin è uno dei più importanti studiosi americani di teoria politica e perché sul suo libro “Politica e visione” si sono formate generazioni di intellettuali radicali. Ma, in secondo luogo, perché rappresenta una rilettura critica della parabola storica della democrazia americana: una parabola esaminata da Wolin con uno sguardo impetuoso, che mette in luce come la ‘degenerazione’ del sistema politico americano non sia una cosa recente, e come la presidenza di George W. Bush sia solo la manifestazione più evidente di una trasformazione le cui origini vanno ritrovare nel New Deal e, soprattutto, nella Secondo Guerra Mondiale. Proprio in occasione del conflitto, secondo Wolin, si forma infatti quel ‘complesso militare-industriale’ destinato a pesare a lungo sul sistema politico americano, a imprimere il segno della paura incombente su ogni aspetto della vita sociale e a costruire così una sorta di nuovo “Leviatano democratico”. Il testo di Wolin è evidentemente polemico: polemico nei confronti dell’avventura irachena e polemico nei confronti del dominio esercitato dalla finanza sulla politica e sulla società americana. Ma proprio per questo non rischia di apparire oggi, a diversi anni dall’uscita, meno efficace. Perché, in fondo, c’è un filo robusto che lega l’ultranovantenne Wolin ai giovani di Occupy Wall Street.
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