Lucy davanti al mare - Elizabeth Strout - copertina
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Lucy davanti al mare
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Descrizione

«Una scrittura paragrafata che tratteggia uomini e cose con un tocco da pittore impressionista.» - Marco Balzano, La Lettura


È l'inizio del 2020 e in città giunge notizia di un nuovo virus potenzialmente letale. A New York i casi sono ancora sporadici e la gente, la scrittrice Lucy Barton fra loro, si aggrappa alla vita di sempre. Ma non William. William, il primo marito di Lucy, è un uomo di scienza, e la intuisce da subito, la catastrofe che sembra spazzar via la vita conosciuta; la grande paura che annienta le certezze e scuote le relazioni. Anche quella antica di due vecchi coniugi che credevano di aver esaurito le sorprese. Ancora una volta tocca far appello all'amore, alle sue forme strane e imperfette, per far sì che il comune dolore anziché allontanare unisca. Per salvarsi la vita.

«È scritto per sembrare vita - erratica, sorprendente, attraversata da lampi di un senso più alto; la verità è che è arte».
Laura Miller, «The New Yorker»

«Non ho solo amato questo libro; ne avevo bisogno».
Priscilla Gilman, «The Boston Globe»

La scrittrice Lucy Barton non ha mai cancellato un tour promozionale in vita sua. Eppure, quasi senza saperne la ragione, quel tour in Europa, previsto per i primi mesi del 2020, l’ha disdetto. «Meno male che non sei andata in Italia, – le diranno poi, – là c’è il virus». È William, lo scienziato William, il primo marito di Lucy, da poco reduce dal fallimento del suo terzo matrimonio e dal rifiuto di una sorellastra che non lo vuole incontrare, a passare all’azione per primo: Lucy ha poche ore per preparare un bagaglio essenziale, chiudere casa e partire con lui alla volta di una casetta in affitto sulle coste del Maine. Anche le loro figlie, Chrissy e Becka, e i rispettivi mariti dovranno raggiungere luoghi più protetti. L’imperativo per tutti, nei piani di William, è lasciare la città, con il suo brulicare di vita e pericoli, e mettersi al riparo. Pur incredula e sgomenta, Lucy accetta di seguire l’ex marito a Crosby, Maine. Per loro inizia così la routine interminabile di una quotidianità dilatata nella ripetizione di piccoli gesti sempre uguali a se stessi che la pandemia ha caricato di senso; una routine ammanettata all’assenza di vita – «Certe volte dovevo uscire di casa al buio e andare giù fino al mare, imprecando ad alta voce» – eppure preziosa perché garanzia della prosecuzione. E poi un inedito senso di solitudine e isolamento. La nostalgia. La preoccupazione per i cari distanti. L’amarezza di certi allontanamenti. La rabbia e la noia. La grande paura, individuale e collettiva: quella che fa avvicinare una furente abitante del luogo all’automobile con la targa della metropoli, urlando a una Lucy Barton sconvolta: «Maledetti newyorkesi! Via da casa nostra!» E poi l’ottusità, che la paura sempre porta con sé, in seno all’inconsapevole privilegio di chi la prigione può permettersi di scegliersela. Ma ci sono anche gli istanti di consolazione: una natura anch’essa ripetitiva, come le onde del mare che Lucy contempla, ma proprio per questo rassicurante; una chiacchierata dietro la mascherina, un abbraccio proibito e insperato con una figlia lontana, un incontro dal passato, e un percorso rovesciato di separazione in casa per due vecchi coniugi e amici e amanti chiamati a saggiare la trama della loro comune tela nel modo più brutale. Lo stesso di cui tutti noi ancora portiamo le cicatrici.

Dettagli

13 febbraio 2024
232 p., Rilegato
Lucy by the Sea
9788806257958

Valutazioni e recensioni

  • Sea

    La Strout non delude mai, lettura molto piacevole, racconta il periodo del Covid.

  •  Enrico
    Piacevole ma poco profondo

    La scrittura è scorrevole e pulita, ma la storia è inesistente. La protagonista incarna banalità e mediocrità americana, difficile provarne simpatia.

Conosci l'autore

Foto di Elizabeth Strout

Elizabeth Strout

1956, Portland (Maine)

Vive a New York con il marito e la figlia, ed è originaria del Maine.Ha insegnato letteratura e scrittura al Manhattan Community College per dieci anni e scrittura alla New School. Suoi racconti sono apparsi in numerose riviste, tra le quali il «New Yorker».Con Amy e Isabelle (2000), acclamato da pubblico e critica, e vero e proprio caso editoriale, il suo primo romanzo, è stata finalista al PEN/Faulkner Prize e all'Orange Prize, e ha vinto il Los Angeles Times Art Seidenbaum Award per l'opera prima e il Chicago Tribune Heartland Prize. Con Olive Kitteridge (2009) ha vinto il Premio Pulitzer. Citiamo anche Resta con me (2010) e I ragazzi Burgess (2013). Tra le sue pubblicazioni con Einaudi Mi chiamo Lucy Barton (2016), Tutto è possibile (2017), Olive,...

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