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Lulu a Hollywood
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Ubulibri ; 1984; Noisbn; Copertina flessibile; 22 x 12,5 cm; pp. 169; Traduzione di Marcello Flores D'Arcais. Prima edizione. Volume con fotografie b/n.; Presenta segni d'uso ai bordi (sbucciature, piega alla quarta di copertina), interno pulito e senza scritte; Accettabile, (come da foto). ; Autobiografia di un'attrice leggendaria, affascinante e enigmatica, che impose il suo look agli anni Venti impersonando la donna fatale dell'estetica espressionista, "Lulu a Hollywood" è al tempo stesso il ritratto di un'epoca e dei suoi protagonisti. In pochi quadri rapidi e precisi tra la jazz age degli Scott Fitzgerald e la Berlino dell'espressionismo, rifiutando pregiudizi e falsi miti, Louise Brooks ci rivela per la prima volta l'altra faccia della glamorous Hollywood e smaschera con corrosiva innocenza "la tragedia della storia del cinema, fabbricata e falsificata dalle stesse persone che la fanno", accompagnando il racconto con una ricchissima galleria di immagini fotografiche, dall'album privato ai fotogrammi originali dei film. Come ha scritto Alberto Arbasino, "sette saggi di memoria, splendidi e brevi, sul feroce tramonto del cinema muto, quando le dive avevano vent'anni e i loro registi non più di trenta, e l'industria subiva traumi sinistri per l'avvento del parlato e del potere delle banche sopra i produttori 'tycoons', folli e spensierati. Ma l'obiettività addirittura minerale dello sguardo e del giudizio va oltre 'l'io sono una macchina fotografica' di Christopher Isherwood: sembra addirittura che l'autrice sia la Lulu dodecafonica di Alban Berg, al castello di William Randolph Hearst e Marion Davies". ;

Immagini:

Lulu a Hollywood

Dettagli

2003
152 p., ill.
9788877482433

Conosci l'autore

Foto di Louise Brooks

Louise Brooks

1906, Cherryvale, Kansas

Propr. Mary L. B., attrice statunitense. Anticonformista, con un passato da ballerina, debutta nel '25 in alcuni film di scarso rilievo finché Capitan Barbablù (1928) di H. Hawks non lancia il suo personaggio di femme fatale dal riconoscibile caschetto nero. G.W. Pabst la preferisce a M. Dietrich per Lulù - Il vaso di Pandora (1929) tratto da due noti testi teatrali di F. Wedekind. La sua carica di erotismo e perversione si accentua ancora di più ne Il diario di una donna perduta (1929) di Pabst, torbido melodramma che critica duramente l'ipocrisia dei valori borghesi. Mal vista a Hollywood e scalzata dal ruolo di sex-symbol da altre attrici (Dietrich, Garbo, Harlow), negli anni '30 deve accontentarsi di film minori e in seguito di qualche soap opera radiofonica.

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