M'navis. La fanciulezza delle stagioni
Le reminiscenze di un mondo ai più giovani sconosciuto hanno fatto nascere all’Autore l’idea di tramandare in modo diretto e soprattutto credibile come si è vissuto ad Azeglio, negli anni immediatamente dopo la guerra, ben prima del boom economico. Il suo piccolo paese era tutto il suo mondo: non esisteva nulla oltre i suoi confini. Eppure in questo piccolo mondo c’era “tutto”. Le possibilità economiche, culturali e sociali che hanno permeato il periodo degli anni Sessanta non hanno raggiunto quella spensieratezza e quella felicità di vivere che hanno caratterizzato la sua fanciullezza, vissuta in un contesto di amicizia vera, in cui appare l’antica complicità con il buonumore e l’allegria di quando erano bambini, temperata da un velo di nostalgia. Quando racconta a suo nipote Tomaso quel loro modo di vivere, il ragazzo lascia trasparire un senso di incredulità, quasi il nonno fosse un alieno! A dire il vero, anche lui ha un’espressione stranita quando il nipote gli descrive le funzioni più avanzate del telefonino. Due generazioni, quella del dopo guerra e quella dei ragazzi digitali, accomunati da una uguale percezione di estraneità a vite e realtà così diverse.
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