Era da un po’ che non leggevo un giallo di Simenon con protagonista Maigret, così quando ho potuto mettere le mani su Maigret e l’affittacamere non mi sono tirato indietro, anzi mi sono detto che era la lettura ideale per il mio primo giorno alle terme, sdraiato comodamente sul lettino, all’ombra degli alti fusti del parco e nel silenzio di un luogo in cui normalmente prevale la natura. E’ stato così e non mi sono pentito della scelta, perché se la suspense non è certamente di quelle che tengono con il fiato sospeso, tuttavia per situazioni, trama e personaggi mi sono trovato di fronte a un’opera godibilissima. Già il pensare che, per indagare sul tentativo di omicidio dell’ispettore Janvier, Maigret, orfano della moglie accorsa ad assistere la sorella in Alsazia, si adatta a soggiornare in una stanza di una affittacamere, una sorta di ragazzona stagionata e bene in carne, peraltro assai simpatica, muove subito a un inizio di sorriso, più evidente poi quando la familiarità fra i due ingombranti personaggi presenta delle velate allusioni sessuali, in una sorta di tenzone che lascia ampio spazio a ogni personale fantasia. Non è che l’aspetto investigativo sia trascurabile o moscio, ma forse più che in altri casi è secondario, preferendo Simenon insistere sulla descrizione degli attori principali e secondari, ricreando come sa solo fare lui delle atmosfere del tutto particolari. Poi, alla soluzione il commissario arriva quasi all’improvviso, con una di quelle sue intuizioni che lo differenziano da tutti gli altri investigatori; tuttavia, non c’è compiacimento nell’aver risolto il caso, anzi c’è una nota di pietà nei confronti di chi direttamente e indirettamente si è macchiato di un crimine. Questa umanità di Maigret, che ho già avuto modo di trovare in altri episodi, chiude il libro, lasciando un sapore amaro e portando a riflettere sul fatto che il delitto in genere non paga mai e se uno non è proprio un delinquente incallito finisce con l’essere pervaso da un rimorso che la confessione riesce solo in parte a lenire. Da leggere, quindi, senza dubbio.
Maigret e l'affittacamere
L'ispettore Janvier si è beccato una pallottola in pieno petto mentre sorvegliava la pensione di rue Lhomond dove vive un certo Paulus, che qualche giorno prima ha rapinato con una pistola giocattolo un localino di Montparnasse. Dopo aver escluso quasi subito che sia stato il giovane ladruncolo, il commissario Maigret decide di venire a capo della faccenda: lo ha promesso al povero Janvier e a sua moglie, che aspetta il terzo figlio e ogni giorno va a trovarlo in ospedale con gli occhi pieni di lacrime.
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Autore:
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Traduttore:
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Editore:
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Collana:
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Edizione:5
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Anno edizione:2002
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Renzo Montagnoli 16 giugno 2019
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Ogni qualvolta ho voglia di una lettura piacevole e non troppo impegnativa, la scelta sul prossimo libro da leggere non può che ricadere su un Maigret. Come quasi sempre, è l'ambientazione a farla da padrone sorpassando di gran lunga l'intreccio. Anche questa inchiesta viene condotta da Maigret con la solita finta noncuranza, come se il commissario non sapesse che pesci pigliare, fino a che, quasi da soli, tutti i tasselli non vanno al posto giusto formando il quadro completo. Notevole il ritratto della signora Clement, la frizzante “affittacamere” che domina la scena in tutto il romanzo. Un personaggio particolarmente ben riuscito, di quelli che si ricordano e che da soli valgono per intero il romanzo.
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MARA VINCENZA SCROCCA 25 agosto 2010
Secondo me invece uno dei migliori, proprio per la caratterizzazione di Maigret, del suo personalissimo metodo investigativo che richiede una full immersion nell'ambiente dove si è consumato il delitto. Uno spaccato di piccole vite parigine, un'affittacamere burrosa, materna e golosa. Un omicidio è apparentemente senza spiegazione, ma Maigret osserva, fissa con il suo sguardo un po' vuoto persone e cose, e poi trova una pista insospettabile. Da gustare.
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