Manuale del boia - Charles Duff - copertina
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Manuale del boia
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Descrizione


Un magistrale pamphlet di pura vena swiftiana racconta lorrore della pena di morte sollevando il velo della generale ipocrisia.
«Se ne avessi il potere, vorrei che su ogni tavolino di Londra, per la prima colazione, ci fosse una copia di questo libro» - Norman Douglas

Dettagli

Tascabile
14 ottobre 1998
136 p.
9788845914119

Valutazioni e recensioni

  • Francesca Colantoni

    Rispettosamente dedicato AI BOIA D’INGHILTERRA E a tutti gli altri BALUARDI COSTITUZIONALI Dovunque nel mondo <<Lo slogamento del collo è l’ideale a cui si deve aspirare>> Spiazzante, irriverente, corrosivo, paradossale, agghiacciante, feroce e spietato. Questi sono gli aggettivi con i quali definirei questo libro. Charles Duff ha sollevato il velo dell’ipocrisia sulla pena di morte utilizzando un’ironia straordinaria e tagliente, tipica inglese, attraverso questo pamphlet: testo abolizionista pubblicato per la prima volta nel 1928. Il libro può essere idealmente diviso in due parti, che però nel testo sono sempre alternate. La prima in cui, attraverso la disamina oggettiva di elementi tecnici, indiscutibili e agghiaccianti nei quali consiste “l’omicidio di Stato” (p.20), dà sostanzialmente un pugno nello stomaco a tutti i ben pensanti pro pena di morte. Non mancano sia casi legati ad errori giudiziari, sia episodi di errori nel momento dell’esecuzione della condanna, sia, infine, casi di suicidi di boia dovuti al loro rimorso. A margine di questa prima parte, vorrei attirare la vostra attenzione sulla presenza nel testo della definizione di “uomini umanitari” (p.54), ovviamente sarcastica, probabilmente richiamo al nostro termine moderno buonista. La seconda parte, la cui nota di fondo è l’ironia spiazzante ed a tratti paradossale, è dedicata ai consigli su come migliorare questa pratica: in fondo se la pena di morte va utilizzata per deterrenza e giustizia si deve far funzionare nel migliore dei modi e non nasconderla, eseguendola “alla chetichella” (p.49). Ed allora ci sono i processi che meriterebbero la redazione, da parte del Ministero delle Finanze, di un tariffario per i biglietti di ingresso al fine di racimolare denaro “in vista di un miglioramento dei compensi e delle pensioni per i nostri valorosi boia” ed avanzerebbe “una discreta somma per alleggerire l’imposta sui redditi” (p.63). Contemporaneamente la stampa dovrebbe dedicare più spazio ai particolari: “il sadismo mentale di cui soffre la gente troverebbe così una soddisfazione più adeguata, e la libertà di cui gode la nostra stampa, oltre al buon gusto di cui è famosa, sarebbero sfruttati al massimo” (p.77). Per far questo i direttori sarebbe opportuno che scrivessero una biografia dell’accusato: “la vicenda ed il fattore umano sono molto più importanti dell’esattezza dei particolari” (p.78) e questo renderebbe “il delitto redditizio” (p.80). Venendo al momento dell’esecuzione, si potrebbero “radiotrasmettere le impiccagioni” (p.44) e “renderle più interessanti”, eseguire una “dolce musica”, pronunciare “un sermone ed un lamento funebre a beneficio della folla”, fare in modo che “la giuria, la stessa che ha condannato l’imputato, si metta in fila per dare la mano al giustiziere e congratularsi con lui per la sua efficienza” (p.50). Per quanto riguarda la figura del boia, secondo Duff, dovrebbe fare un “pubblico concorso ed un esame” per accedere alla carica (p.30), “portare una divisa” (p.33) e gli dovrebbe esser dedicata una “rivista mensile” (p.81) per “promuovere la grande causa dell’impiccagione e per rivendicare migliori condizioni sociali, economiche e di lavoro per i nostri pubblici boia”. Al suo interno si potrebbe trovare un “buon articolo di fondo”, una “rubrica di pettegolezzi mondani sui boia più conosciuti”, “una sezione speciale dedicata alle nuove invenzioni e marchingegni destinate all’eliminazione dei criminali” ecc… Le ultime pagine del libro sono dedicate all’opera Le mie esperienze di boia di Mr. Benny, il carnefice di stato più famoso. Qui, attraverso la descrizione spietata e feroce del proprio lavoro, è sottolineata la sua totale mancanza di empatia. Scrive, infatti, Duff: “Il lettore otterrà, da questa lunga citazione (…), una percezione straordinariamente viva della mentalità di un boia, e constaterà come sia essenzialmente funzionale e pratico il suo atteggiamento nei confronti del lavoro” (p.126).

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