La meta-scrittura dell'ultimo Pasolini. Tra «crisi cosmica» e bio-potere
Nell'"Abiura dalla 'Trilogia della vita'" (giugno 1975) Pasolini dichiarava che con l'accamparsi assoluto e totalitario dell'universo moderno del presente erano andati scomparendo, oltre alla sacralità del passato, anche il corpo ("l'ultimo luogo in cui abitava la realtà") e insieme la poesia, che dava voce e vita al corpo. Tale scomparsa aveva comportato sempre più in lui negli ultimi anni una spasmodica tensione meta-scritturale, la pratica cioè di una scrittura che "urla" l'impossibilità della scrittura. Nel momento in cui l'esito colonizzatore del nuovo Potere consumistico sembrava consistere ormai, biopoliticamente, nella "presa della morte sulla vita", e sembrava dare luogo ad una neo-borghesia come "forma razziale" dell'umanità intera, egli allora metteva in scena l'aspirazione a movimenti leggeri, straniati, 'mozartiani': metafora dell'illusione, angosciosamente livida e prometeica, di trasformare la morte in vita artificiale, da "Orgia" a "Porcile" a "Salò" a "Petrolio".
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Anno edizione:2011
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