La Germania nazista è alla fine ma manda i ragazzini a morire al fronte. Walter e Fiete , 17 anni, mungono mucche ma finiscono in Ungheria. Walter fa l’autista, Fiete finisce al fronte, diserta, è catturato e condannato a morte. Nel plotone d’esecuzione c’è Walter. Il figlio di Walter si interroga sui silenzi del padre consumato da interrogativi che non è mai riuscito a tradurre in parole. Cosa avremmo fatto noi al posto di Walter o di Fiete o di quelli rimasti a casa ma non per questo risparmiati dagli orrori della guerra? Cosa faremmo, se fossimo in guerra? Perché di Walter e Fiete ce ne sono ogni giorno di ogni anno. Rothmann non esprime giudizi, usa una lingua spoglia, realistica, che non ci risparmia nulla, eppure non è mai iperbolica, anzi nella misura di una esposizione quieta e precisa sta la sua violenza, la sua forza. Non c’è pathos, ma d’un tratto in quel lazzaretto ci siamo noi, ci siamo noi su quella BMW alla ricerca della tomba del padre morto nella stessa guerra, siamo noi a vedere quello che non sapremmo raccontare. Fiete riporta la teoria secondo cui le cellule hanno la memoria e quindi ai nascituri passeranno anche le sensazioni: il proiettile ferirà non solo il soldato ma anche i suoi figli non ancora nati. E Walter, disperato, chiede cosa erediteranno i figli di quelli che hanno sparato. Un grande monito, questo romanzo: non c’è nessuno che esca salvo dalla guerra, non c’è futuro che non porti segni dell’orrore, anche se continuiamo a fare finta di non vederli
Finalista del Premio Strega Europeo 2016
"Un romanzo grandioso, più forte di qualsiasi esperienza letteraria. Ed è anche molto più che un romanzo pacifista. Il miglior libro che ho letto quest'anno" - Der Spiegel
"È ormai una certezza: con 'Morire a primavera' è stata ufficialmente e potentemente inaugurata l'era post-Gunther Grass." - Die Zeit
Nel tardo inverno del 1945, nella Germania del nord, Walter e Fiete, diciassette anni ciascuno, lavorano come mungitori in un podere dal magnifico stemma con un cavallo nero sotto due falci incrociate. Il podere mostra tutti i segni della guerra. Lo stemma giace a terra in giardino, le travi della torre dell'orologio si ergono carbonizzate nel cielo, il portico è storto e danneggiato dopo un attacco dei caccia. "Il soldato Ivan è già sull'Oder", sussurrano le donne e sperano che quell'ultimo sussulto di guerra non si porti via, dopo gli uomini, anche i ragazzini del podere, come Walter e Fiete, mungitori dalla faccia pulita. Walter pensa che non lo spediranno mai al fronte. Sparava storto già nella Gioventù Hitleriana, ha gli occhi che non vanno, munge mucche, fa un lavoro che qualcuno deve pur fare. Inoltre, deve ancora finire di brigare con Elizabeth, la ragazza che fuma come una ciminiera e, con le sue sopracciglia, i riccioli neri e una sfrontatezza senza pari, sembra una zingara. Fiete, il suo amico più caro, ha il volto scarno, la carnagione imberbe, le ciglia lunghe e ricce e, se chiude gli occhi pesti, pare una ragazza. Quando beve, anziché dire "Heil Hitler", dice "Drei Liter". Ha già la fidanzata: Ortrud, dalle labbra rosse come nessuna. Insomma, è tutto fuorché un soldatino di piombo pronto a difendere l'onore della grande Germania. A una festa, però, lungo il canale, tra barili di birra e un'orchestrina di otto elementi, compaiono anche le Waffen-SS...
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Anno edizione:2016
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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paola loredana rinaldi 01 marzo 2017
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IRENE SALVUCCI 29 agosto 2016
La trama mi è piaciuta molto, ma credo che per l'ambientazione ed il tipo di storia andava dettagliata un po' di più. A volte si fa fatica a seguire il filo del racconto.
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Felice Iasevoli 11 maggio 2016
Gli orrori della guerra raccontati attraverso gli occhi di due amici diciassettenni, arruolati a forza nel tardo inverno del 1945 dall'esercito tedesco ormai allo sbando e spediti sul fronte ungherese, negli ultimi, crudeli e inutili sussulti di una guerra persa. Questi due ragazzi si ritroveranno catapultati nell'orrore, di libri antimilitaristi ce ne sono tanti ma questo resterà comunque nel mio cuore. Ho vissuto e sofferto insieme ai due protagonisti, ero lì con loro, a subire la crudeltà e il sadismo di cui è capace l'essere umano, in mezzo al sangue, al freddo e alla fame. Un piccolo, grande romanzo.
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