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Anno edizione: 2014
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Anno edizione: 2015
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Libro audace. Forse complesso, sicuramente non "leggero": non è leggere Topolino, in altre parole, ma non avevo voglia di leggere Topolino quando ho iniziato questo libro. Nelle lunghe descrizioni, a volte (apparentemente) estenuanti per alcuni, l'Autore inserisce con estrema delicatezza riflessioni sulla vita e sull'umana esistenza che toccano, chi ha voglia di lasciarsi toccare beninteso... , toccano molto. Mi sono ritrovato spesso con le lacrime agli occhi; a volte perché ho ritrovato nelle sue parole quelle mie che andavo cercando ma che non avevo ancora trovato; altre perché non è semplice descrivere il dolore (ci vuole anche un certo intimo coraggio, no?) togliendosi le maschere dell'ipocrisia: ma l'ipocrisia la troviamo ad ogni angolo di strada, oltre che in noi stessi. La vita non è semplice per chiunque la viva e come tale viene raccontata senza "frasi fatte": Knausgård sembra voglia lasciarle ad altri. Mi sono ritrovato anche a sorridere, perché la vita non è solo sofferenza, e qui si parla della vita, a dispetto (e rispetto) del titolo. La trama è semplice; a volte sembra mancare o quasi non se ne sente la necessità per abbandonarsi ad altro che non è semplice definire, né forse sarebbe corretto farlo, visto che può essere così diverso da lettore a lettore. L'unica caratteristica in comune con altri libri che ho amato, per farla breve, è stata che mentre lo leggevo non avevo nessuna voglia di terminarlo ma per questo libro la consolazione è stata che era il primo di sei. Potrei scrivere tanto altro ma non voglia farlo. Ho regalato questo libro a delle persone: quelle alle quali voglio più bene. P.S. QUANDO TRADURRANNO IL IV?
Appena finito di leggere il primo "La morte del padre" dei sei volumi "La mia lotta" di Karl Ove Knausgård. Recensione: scritto magistralmente e con grande stile, ma il soggetto non può che risultare noioso. Un libro autobiografico che percorre le tappe della formazione individuale dello scrittore che si sofferma, per capitoli interi, in dettagli soporiferi quali i detersisi usati per pulire la casa dove è morto il padre, oppure i dettagli sulle strade e le svolte, in stile navigatore satellitare, per arrivare alla casa dell'amico. Tutti i personaggi del libro, compreso l'autore, sono sconosciuti. Lo scrittore non è entrato sicuramente nella Storia della letterature (forse tra un secolo?) come Kafka. Quindi, alla fine del libro ti domandi "si, scritto bene, ma a me, di tutto ciò che viene riportato nel libro, che me ne importa??". Natalia Ginzburg nel suo "Lessico familiare" ha usato un tema narrativo simile a quello di Knausgård, ma il senso del primo è dato dal forte valore storico (vuoi mettere sentir raccontare della nascita della famiglia Agnelli??). Ma oggi, leggere Knausgård, a mio avviso non ha senso. Tra cento anni, se l'autore sarà un Dostoevskij, sarà una chicca letteraria il poter leggere i dettagli privati della sua vita. Pensiamo se lo avesse fatto Kafka. Conclusione: non credo leggerò gli altri 5 volumi. Forse i miei pronipoti avranno interesse a farlo. Vedremo, se saremo ancora vivi.
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