Le Nemee - Pindaro - copertina
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Letteratura: Grecia
Le Nemee
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Descrizione


Con la pubblicazione del terzo volume, che contiene le Nemee , si completa la serie dei quattro che la Fondazione Valla dedica all'opera di Pindaro, il più grande poeta lirico dell'antichità e uno dei maggiori di tutti i tempi: undici odi, delle quali tre non sono legate ai giochi nemei, ma che i grammatici alessandrini inclusero sotto la medesima etichetta.

Se quelli di Nemea, che si tenevano ogni due anni presso il tempio di Zeus in una vallata boscosa del Peloponneso, erano considerati giochi minori rispetto a quelli quadriennali di Olimpia e di Delfi, le Nemee non sono meno affascinanti delle Olimpiche o delle Pitiche , e certo pari alle Istmiche . È sufficiente ascoltare la voce di Pindaro per andare oltre le definizioni di poesia cortigiana e poesia civile tra le quali la critica ha ondeggiato per secoli. La sua è poesia e basta, agonistica certo e d'occasione, perché celebra la vittoria in una competizione atletica, ma è lirica, come diceva l'autore del Sublime , che nel suo trasporto creativo infiamma ogni cosa. Eccolo, il Pindaro delle Nemee , spingersi verso i limiti del mondo, le Colonne di Eracle, e raccontare i miti con la velocità e l'aura che gli hanno dato la fama: le nozze splendide di Peleo e Teti; Achille, biondo fanciullo, a caccia di leoni, cinghiali e cervi; la contesa tra il forte Aiace e l'astuto Odisseo per le armi del Pelide; ed Eracle, e Telamone, e Castore e Polideuce. «Una» afferma Pindaro nella sesta Nemea , «La stirpe di uomini e dèi: da una sola madre / è il respiro a entrambi. Ma potenza in tutto diversa ci / separa, ché niente noi siamo, / mentre il cielo di bronzo è per essi eterna / incrollabile sede». Eppure, gli uomini, le cui generazioni sono come i campi, che un anno danno frutto e un anno no, «in qualcosa» somigliano, «nel gran senno o l'aspetto, a immortali». La giovinezza è «possente, messaggera delle divine / tenerezze di Afrodite», e lei Pindaro invoca all'inizio dell'ottava Nemea . Ma più spesso chiama la Musa, che «oro / salda e candido avorio / e fiore di giglio, sottratto a rugiada marina». Non è, lui, uno scultore: che crea «statue / dritte sulla loro base, / immobili». No, lui fa rotta «su navi / o barche leggere», e vola come un'aquila oltre il mare. Un commento molto ricco, e una traduzione bellissima, accompagnano queste Nemee.

Dettagli

3 giugno 2020
LXXIX-602 p., Rilegato
9788804715641

Conosci l'autore

Foto di Pindaro

Pindaro

(Cinocefale, Tebe, 518 - Argo 438 a.C.) poeta greco. Nacque da nobile famiglia. Dopo un periodo passato a Tebe si trasferì ad Atene, dove ebbe come maestri Apollodoro, Agatocle e Laso d’Ermione. Del 498 è il primo componimento datato, la X Pitica per Ippocle di Tessaglia. Durante le guerre persiane mantenne un atteggiamento distaccato, quasi indifferente, ma più tardi cantò Atene come «baluardo della Grecia». Fu in Sicilia alla corte di Gerone di Siracusa insieme a Bacchilide (con il quale, nel 476, celebrò la vittoria olimpica di Gerone). Scarse sono le notizie sugli anni successivi: l’unica data sicura è il 446 (VIII Pitica per un atleta di Egina). Si tramanda che Alessandro Magno, quando nel 336 distrusse Tebe, volle risparmiata la sua casa.P. trattò tutte le forme della lirica corale:...

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