Chi, come l'autore di queste poesie, ha vissuto gran parte della sua vita nel Novecento, si sente ora in bilico su un'epoca nuova, di cui avverte con timore i contorni incerti. Egli pensa che la poesia debba cercare di esprimere il sentimento e l'esperienza di essere su una soglia o su una linea nodale o su una linea di scontro del tempo: un essere in sospeso, dopo le grandi e talvolta feroci utopie del secolo passato. Non si tratta però di una fine della storia, niente a che vedere col postmoderno e la sua visione di una scomparsa dei grandi conflitti, nella letteratura come nella politica. Dovremmo dare voce piuttosto alle lacerazioni in cui stiamo vivendo, ai conflitti del passato che abbiamo voluto dimenticare e ci ritornano in cuore incompresi, muti e perciò tanto più minacciosi. Ciò non vuol dire che si debbano scrivere poesie "politiche": piuttosto cercare di esprimere come i traumi della storia collettiva si intreccino nell'animo di una singola persona, determinando i suoi modi di avere paura, di amare, di sperare.
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Anno edizione:2016
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