Come è possibile che nella percezione di molti la ricerca scientifica si sia trasformata in questi anni da motore dell'innovazione, da frontiera avanzata del progresso, in un pericolo subdolo e pervasivo? Come si spiega la ciclicità di questi timori ogni volta che l'impresa scientifica promette o fa solo intravedere la frantumazione del mondo delle nostre certezze? Accantonata l'emergenza nucleare, è la ricerca biologica e specialmente quella genetica a suscitare i maggiori interrogativi. Certo, le prospettive legate alla fecondazione in vitro, alla clonazione, allo sfruttamento del genoma umano, all'arrivo degli organismi geneticamente modificati sembrano dare spazio ai timori più incontrollati. Come è possibile allora superare le discussioni oziose sulla sacralità della natura per concentrarsi sulle modalità tramite le quali l'uso di ogni tecnologia trasformatrice della nostra identità e del nostro status biologico possa orientare al bene comune? Questi sono i temi intorno ai quali hanno discusso filosofi, storici della scienza, fisici e genetisti nell'incontro di Spoletoscienza 2001.
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Anno edizione:2002
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