Un romanzo scritto benissimo, con uno stile davvero affascinante. Stupende descrizioni, analisi psicologica dei personaggi, una storia tragica ma raccontata senza retorica. Una famiglia che negli anni della Depressione abbandona la città per andare a coltivare dei terreni, gravati da ipoteche, appartenenti alla famiglia. Non sono agricoltori, ma devono cambiare vita per non soccombere. Ma lavorare la terra significa, soprattutto in quegli anni, dipendere dal clima, e quando la siccità perdura per qualche mese, tutto rischia seriamente di andare in malora. La famiglia Haldmarne è formata da un Padre, una Madre, e tre figlie: Kerrin è la maggiore, ha fatto il liceo e insegna nella scuola locale, ha uno spirito ribelle che nasconde una grande fragilità, che la porterà alla follia; Marget è l'io narrante del romanzo, e Merle è la più piccola. C'è anche Grant, un giovane lavorante che ha studiato, ha le idee chiare, e le tre ragazze sono tutte affascinate da lui. Giorno dopo giorno la rovina incombe sugli Haldmarne e sui loro vicini, tra debiti, ipoteche e campi che non producono più nulla, per mancanza di acqua. Una fine annunciata, raccontata con un garbo magistrale. E' il romanzo di esordio di Josephine Johnson, scritto a 24 anni, che le è valso il premio Pulitzer nel 1935. Un libro di quasi 90 anni, che sembra scritto oggi.
Ora che è novembre
Sono passati dieci anni da quando gli Haldmarne hanno lasciato i modesti agi della vita di città per tornare alla terra di famiglia. Kerrin, Merle e Marget sono diventate grandi in campagna, divise tra i doveri pesantissimi del lavoro quotidiano ("quella confusione che è la nostra vita e che ci impedisce di essere davvero vivi") e l'incanto dell'infanzia passata all'aria aperta, respirando paesaggi che mutano di ora in ora. Mentre per Marget e Merle la natura è fame e cibo insieme, e riesce a placare le loro ansie di crescita, Kerrin è selvatica e strana, rosa da un'inquietudine feroce che nemmeno la salda presenza della madre riesce a contenere. La terra è gravata da un'ipoteca che pesa come un macigno sull'anima già inasprita del padre e sparge insicurezza in famiglia. Mentre una siccità senza tregua devasta i raccolti, ad alleviare le fatiche degli Haldmarne arriva un giovane uomo assoldato come bracciante. Grant ha studiato, è stato in città; riesce a far sorridere le ragazze, a distrarle, ma anche a dividerle. E intanto la pioggia non arriva, e le stravaganze di Kerrin sfociano in una vena di follia. È Marget, ora che è novembre e tutto si è concluso, a raccontarci la storia di una famiglia che si sgretola, del mondo agreste che là fuori si sfalda sotto un sole impietoso, delle disgrazie che si abbattono una dopo l'altra sugli Haldmarne e sui loro vicini, senza risparmiare nessuno. Una voce, la sua, che è a un tempo lucida e lirica, pacata e graffiante, concitata e riflessiva: la voce straordinaria di una scrittrice che giovanissima ha scritto il suo capolavoro.
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Daniela 27 dicembre 2024Leggetelo, datemi retta
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ormos 15 dicembre 2023
Questo libro – premio Pulitzer 1935 – ha il respiro breve di un racconto e l’intensità del romanzo d’autore. È la storia degli Haldmarne, una famiglia che torna a coltivare la terra dopo aver vissuto in città. Marget è la figlia che registra, con toni talvolta impietosi, l’enorme fatica per cavare dal raccolto quanto basta alla sopravvivenza, senza un giorno di riposo (“La fattoria era come un vecchio querulo e malato che piagnucola ogni ora per attirare l’attenzione”), ma anche la difficoltà dei rapporti famigliari, tra un Padre sempre più gravato dai debiti (sulla fattoria grava un’ipoteca) e le sorelle che si contendono le attenzioni di Grant, un bracciante che aiuta nel lavoro dei campi. Ogni pagina parla di sudore, risparmi che si assottigliano, foglie che si accartocciano sotto il peso infuocato del sole. E non consola neppure il pensiero che si possa aver toccato il fondo (Marget ricorda le parole di Re Lear: “Il peggio non c’è mai finché possiamo dire ‘Questo è il peggio’”). Il libro si legge quasi nell’attesa – nella speranza – di un evento salvifico, ma quello che rimane è solo il coraggio di affrontare le mattine, che a volte “è tutto quanto il cuore può chiedere”.
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Dolores Mambelli 30 novembre 2017
E' molto difficile trovare le parole giuste per descrivere l'emozione che mi ha trasmesso questo romanzo. La Johnson ha la capacità , rara , di raccontare un' epoca ed una società attraverso le vicissitudini di una famiglia, con delicatezza ed allo stesso tempo con forza ; descrizioni puntuali ed incisive dei sentimenti umani senza scadere nel classico melodramma eppure sconvolgenti ed appassionanti . Indimenticabile. potrei dire banalmente vi prego di leggerla, ma è più giusto dire vi auguro di leggerla .
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