Un romanzo pieno di enigmi irrisolti, eppure ammaliante. Shimamura è un’esteta raffinato che sente il mutare del paesaggio e delle stagioni, ne assapora la bellezza transitoria. Prova attrazione e passione per Komako, ma non riesce ad esprimere questi sentimenti e non si arrischia a cambiare il proprio stato: è come se vedesse la realtà riflessa in uno specchio, senza poterla toccare. La geisha è vitale, frenetica, profonde energie in attività che forse non la porteranno a nulla, una dissipazione che agli occhi del protagonista è commovente. Le indicazioni sul suo passato sono frammentarie, come pure ambiguo è il suo rapporto con Yoko, l’altra figura femminile del romanzo, quasi una versione ‘lunare’ della solare Komako. Kawabata giustappone tre soggiorni alla stazione termale, collocati in stagioni diverse, procede per quadri e scene che a volte paiono scollegate. Forse in effetti non è essenziale cercare continuità e logica nel testo: meglio godere la bellezza di un mondo fluttuante evocato con maestria, fino ad un finale di grande impatto, colmo di domande inevase.
Il paese delle nevi
Il paese delle nevi (1937), capolavoro di Kawabata, è un dipinto delicato, lirico, segnato da silenzi e pause che lasciano affiorare fratture di significato e venature di acceso erotismo. In questo mondo etereo e sospeso, la malinconia si fonde con il candore immacolato della neve, come un'impronta leggera che mostra la fugace e ambigua bellezza della vita, labile e intensa nella sua transitorietà.
In viaggio verso un remoto villaggio termale tra le montagne giapponesi, Shimamura, raffinato intellettuale di Tokyo, cerca pace e riposo, desideroso di sfuggire alla monotonia della vita cittadina e ritrovare se stesso. E nell'idilliaco paese delle nevi incontra Komako, una giovane geisha, donna passionale e vulnerabile. Tra loro nasce un rapporto alimentato da non detti, incertezze e desideri dell'animo e del corpo, una storia d'amore intrisa di ambiguità e di amara solitudine: i turbamenti interiori dei personaggi e le loro debolezze emotive si trasformano in immagini e vicende scomposte che si intrecciano al naturale e imprevedibile fluire dell'inverno. «Kawabata» scrive Giorgio Amitrano «nel suo stile ellittico, allusivo, ci restituisce la realtà con la stessa complessità e frammentarietà con cui la percepiamo, non nella sua versione edulcorata e semplificata. Se la sua arte mimetica non ci rassicura e non ci consola, essa raggiunge l'essenza delle cose e dei sentimenti che ci rivela fragili, impermanenti, inconoscibili.»
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Anno edizione:2024
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Loris 30 settembre 2025
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Taku 30 luglio 2025intenso
Romantico, poetico, sadico e masochista al tempo stesso Capace di coinvolgerti in un ambiente che non ho mai vissuto se non nelle sue parole
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LuigiAmen 03 maggio 2025Il paese delle nevi
Qualcosa mi diceva che questo paese delle nevi era fuori dal nostro spazio e dal nostro tempo. Ed effettivamente – anche se, da quanto mi è dato capire, una regione così denominata in Giappone fisicamente esiste – qui le cose si svolgono diversamente che altrove. Un uomo vi si reca in villeggiatura invernale, proviene dalla costa, da quella Tokio che così lontana e aliena appare agli abitanti delle lande nevose; tra i primi bisogni che sente di dover soddisfare c'è quello di intrattenersi con una geisha. E, seppure in quel posto così diverso dal mondo cui è abituato non ce ne sia chissà quale abbondanza, una donna per lui la si rimedia. Ora, la figura della geisha non credo abbia un equivalente nella nostra società, quindi essendo questo un romanzo del "non-detto" tutto può apparirci ambiguo, ma la straordinaria abilità dello scrittore è quella di "tacere". Egli si apre un varco attraverso i nostri sensi, comunicando per suoni, colori, odori, sapori e – infine – anche servendosi di sensazioni tattili, quelle di una stoffa pregiata che tra quei monti si produce. E tutti questi stimoli sensoriali ci spingono a dare forma e sostanza a quegli accenni sapientemente solo abbozzati. Evocativi sono i vari viaggi in treno, ove si apprezza la reale "distanza" del Paese delle nevi dal mondo; il treno va, risale i pendii, attraversa i passi montani, si lascia dietro il candore niveo di quei luoghi tagliati fuori da tutto e solo quando, dopo un lungo tratto, la ferrovia comincia a digradare verso il basso, si intravedono dai finestrini elementi che ci collocano in un tempo storicamente tangibile: una centrale idroelettrica. Forse sarebbe superficiale dilungarsi sull'intreccio, che pure ha il suo peso: quello che ci resta è un turbine di sensazioni, nette, taglienti, irrorate di linfa.
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