Saggio che mostra come, nel diciannovesimo secolo, venivano percepiti i cosiddetti vizi, tra cui troviamo l'oppio, il vino e hashish. E' molto interessante dal punto di vista sia storico che artistico. Al suo interno è presente anche una sua personale traduzione su un saggio di De Quincey. E' un saggio che ci permette di analizzare la personalità e il lato sociale di Boudelaire, al di fuori dalla poetica
Paradisi artificiali: Del vino e dell'hashish-Ilpoema dell'hashish-Un mangiatore d'oppio
Il consumo di sostanze stupefacenti ha un peso centrale nell'esperienza poetica ed esistenziale di Baudelaire. Quando scrive le sue pagine sull'hashish - di cui condanna l'abuso - egli non ha mai intenti moralistici, ma essenzialmente estetici. Quello che a lui interessa è il potenziamento della creatività poetica attraverso l'ebrezza artificiale; quello che lui odia e teme è il risveglio, è la desolazione, è l'inferno della degradazione. Si disegna qui il dramma personale di Baudelaire, la sua consapevolezza di essere e di sentirsi lacerato fra i due opposti richiami di Dio e Satana, fra l'aspirazione a salire verso l'alto, l'infinito, e il gusto del peccato, il piacere di scendere in basso. Introduzione di Massimo Colesanti.
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Anno edizione:2016
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Formato:Tascabile
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Valerio 18 febbraio 2022Pragmatico
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