Storia complessa, ben bilanciata, dove l'indagine si alterna con i problemi sentimentali di Lenzi, o meglio, con i suoi complessi rapporti col mondo femminile. I punti di lettura sono molti. C'è il razzismo, lo sfruttamento del lavoro, il traffico di droga, i giovani dell'ndrangheta che vogliono sostituirsi ai vecchi capibastone; ci sono complotti, intimidazioni, delazioni, e chi più ne ha, più ne metta. Il ritmo non è mai intensissimo, così come di violenza se ne vede in realtà poca. Per lo più è narrazione in stile giornalistico, come fossero fatti di cronaca, con cammei di quotidianità. Piacevole è la lettura, il gergo personale, i richiami al dialetto, ai modi di dire e di fare. I personaggi sono ben caratterizzati.
Il patto del giudice
Un poliziesco dallo stile unico sa restituire tutta la complessità dell’Italia di oggi.
La città è infuocata dalla rivolta. Per un giorno e una notte imperversano neri armati di bastoni, catene, spranghe di ferro. Poi se ne riappropriano i padroni, loro con pistole, fucili, coltelli. Mohà, Lodit e Kwei si sono nascosti. La vendetta li raggiunge ugualmente. L’unico testimone degli omicidi è Taiwo, che scappa lontano. Qualche mese dopo, in un container scaricato al porto, duecento chili di cocaina: i carabinieri montano la guardia, la droga scompare lo stesso, un funzionario della dogana fa una brutta fine. Due indagini parallele affidate ad Alberto Lenzi, il «giudice meschino» – magistrato indolente e indisciplinato e con un debole per le belle donne – nato e cresciuto in quella terra dove crimine vuol dire ’ndrangheta e dove nulla è come sembra. Giostrando sul filo del pericolo il suo rapporto diretto – di ingannevole complicità e amicizia – con un potente capobastone, Lenzi decifrerà i due misteri intrecciati, e farà la sua giustizia.
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Anno edizione:2013
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