Ho comprato questo libro per svolgere l’esame di Antropologia Culturale. Mi ha colpito particolarmente: l’autore è l’antropologo Valerio Petrarca che, durante l’esperienza sul campo in Costa d’Avorio nel 2005, si ritrova a dover affrontare situazioni difficili e spaventose. L’autore spiega come, al ritorno in Italia, si accorge di aver riportato con sé una tale inquietudine da renderlo impossibilitato a vivere una vita serena e tranquilla. Questo libro rappresenta una sorta di “sfogo” collegato all’intento di trovare speranza e guarigione seguendo l’esempio di Gregoire Ahongbonon “un africano che si prende cura degli africani”. Consiglio il libro a chiunque sia appassionato di Antropologia e Ricerca sul campo.
I pazzi di Grégoire
Valerio Petrarca ha una lunga consuetudine con l'Africa. A partire dal 1994 si è recato più volte nel continente e ha vissuto esperienze sul campo in Costa d'Avorio. Questo libro nasce soprattutto dopo l'ultimo viaggio, del 2005, quando ha attraversato il Paese lacerato dalla guerra. Il viaggio era destinato a documentare l'opera di Grégoire Ahongbonon, un immigrato dal Bénin che ha svelato, tentando di porvi qualche rimedio, la crudeltà del trattamento dei malati mentali, legati agli alberi o gettati nelle discariche, tanto nei villaggi quanto nelle città (Grégoire ha ricevuto nel 1998 il premio "Franco Basaglia"). Una volta sul terreno, l'autore si è reso conto che i "pazzi" di Grégoire, almeno alcuni di essi, non dalla malattia erano stati segnati, ma dalle lacerazioni tra i mondi contigui e concorrenti in cui erano nati e cresciuti: tra autoctoni e immigrati, villaggio e città, religioni tradizionali e religioni missionarie, stregoneria e scienza, tradizione e modernità. "I pazzi di Grégoire" dà voce a bambini e a giovani che hanno conosciuto direttamente e indirettamente gli effetti della guerra, e ricuce, in una trama possibile, i loro discorsi. Si raccontano poche storie di vita, ma diffusamente, per fare emergere, in immagini di sintesi, la "fame di senso", il disagio culturale, prima che materiale, sofferto dai giovani, su cui la guerra è arrivata come un'onda distruttrice di simboli e di cose.
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Anno edizione:2008
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Martina Ciccarelli 11 marzo 2017
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