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Anno edizione: 2018
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“Giochi sacri” è stato un vero e proprio caso editoriale internazionale, oggetto di una guerra di diritti d’autore al rialzo tra India, Gran Bretagna e Stati Uniti. E dire che tutto sommato il romanzo, a parte la lunghezza, è in definitiva piuttosto semplice. Il protagonista Sartaj Singh, “unico ispettore sikh della polizia di Bombay” (è abbastanza evidente che Chandra non ama il nuovo nome della città, quel “Mumbai” imposto nel 1995 dal governo sciovinista dello stato del Maharashtra) riceve una soffiata che riguarda il boss della malavita hindi, Ganesh Gaitonde. La polizia accerchia immediatamente il covo del mafioso, il quale pur di non cadere vivo nelle mani degli agenti si suicida. Tuttavia, anche dopo la morte Gaitonde continua a raccontare la storia della sua vita in capitoli che si alternano a quelli di Sartaj Singh, il quale a sua volta è protagonista della storia parallela, incaricato informalmente dai servizi segreti di scoprire cosa stesse architettando il boss. La posta in gioco è veramente grossa, ha a che vedere con la sicurezza nazionale e verrà svelata al lettore poco per volta, a mano a mano che Sartaj Singh procede nella sua indagine. Nel frattempo, davanti ai nostri occhi non si srotola soltanto la machiavellica trama della mafia hindi, ma soprattutto uno spaccato della Bombay attuale, la miseria e la grandezza di una città difficile da credere, ai confini tra una modernità esibita senza remore e una arretratezza endemica. Vikram Chandra non nasconde nulla, e dopo i primi capitoli il lettore fa l’abitudine all’illegalità e alla corruzione della polizia indiana, che attraverso il punto di vista di Sartaj Singh si può addirittura arrivare a comprendere se non a giustificare. Giochi sacri è un romanzo bello e disperato, di un realismo amaro ma non privo di soluzioni, da leggere assolutamente per cominciare a rendersi conto di quali vie seguirà la letteratura quando arriverà a svincolarsi dal predominio dell’industria editoriale occidentale. Franco Ricciardiello
Un libro che a me è piaciuto moltissimo. Senza paura delle numerosissime pagine e dei capitoli interminabili, è comunque una lettura bella e veloce, densa di immagini di un'India nuova ma vecchia, nuova di malavita, tecnologia e cervelli, vecchia di tradizioni, credenze e costumi. L'intreccio è appassionante, porta a consumare i polpastrelli per la velocità con cui si divorano le pagine una dopo l'altra. Leggetevelo!
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