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Anno edizione: 2011
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Dopo aver letto questo libro occorre riconoscere a Edgarda Ferri un’ulteriore capacità e cioè quella di scrivere un’opera in presenza di notizie biografiche limitate. Sì, perché Flavia Giulia Elena, madre di Costantino, è un personaggio di cui non si sa molto, nel senso che le fonti sono poche e tutte legate alla figura del ben più noto figlio. Le origini, invece, sembrerebbero acclarate ed erano senz’altro umili, in quanto di professione stabularia, cioè locandiera dell’epoca, ma considerata, grazie anche ai buoni uffici della Chiesa cattolica, una buona donna, un’eccezione, vista la cattiva fama di chi svolgeva quel lavoro. Fu inoltre artefice del ritrovamento della Croce del Cristo durante un pellegrinaggio in Terra Santa e anche per questo venne santificata, fermo restando che il maggior pregio era l’aver messo al mondo colui che non solo agli inizi legittimò il diritto dei cristiani di professare liberamente la propria religione, ma che poi la consacrò religione ufficiale dello stato. Nell’impossibilità di scrivere un’accurata biografia, Edgarda Ferri ricorre, per introdurre l’argomento, a un artificio, alla scena di un pittore, Piero della Francesca intento a dipingere un affresco nella cappella del coro di San Francesco ad Arezzo mentre discute con un frate dell’oggetto dell’opera, il famoso polittico della leggenda della vera Croce, dove compaiono, fra altri, sia Costantino che Elena. Un po’ poco, si potrà dire, e non si sbaglierebbe, e allora Edgarda Ferri, nel mentre con le scarne notizie su Elena imbastisce un racconto, ricorre alle risultanze storiche per descrivere l’epoca, i protagonisti delle lotte intervenute dopo le dimissioni dell’imperatore Diocleziano nel contesto della tetrarchia in cui era stato diviso l’immenso impero romano, fra le quali non poteva mancare quella fra Costantino e Massenzio, da tutti ben conosciuta nella conclusione con la battaglia di Ponte Milvio e il famoso prodigio della Croce in cielo “in hoc signo vinces”.
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