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Fino a tempi recenti, il giudizio storico sul Termidoro non costituiva un problema. Nella fine del giacobinismo, gli uni salutavano la rivincita dei valori borghesi, gli altri denunciavano il tradimento dei valori sanculotti. Ma da quando le lenti dell’ideologia sono andate in pezzi, il paesaggio del Ternidoro è apparso in una luce diversa. S’è visto chiaramente come l’autunno della Rivoluzione non contempli la presenza di demoni né di eroi.Che cosa resta di una rivoluzione sfiorita? Restano i rivoluzionari, combattuti tra delirio di onnipotenza e senso di colpa. Restano, se sfuggite alla ghigliottina, le vittime dei rivoluzionari stessi, pronte a riparare carnefici con la stessa moneta. Restano le parole d’ordine degli uni e degli altri: umanità, opinione pubblica, sovranità popolare. Resta la lezione dell’esperienza: le rivoluzioni sono vinte dai più forti, non dai migliori.La scommessa di Sergio Luzzatto consiste nel proporre una critica storica del giacobinismo, senza cadere nella trappola del revisionismo. E senza accontentarsi della nuova vulgata liberale, che biasima tutto quanto è “politico” ed elogia tutto quanto è “civile”.
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