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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2012
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Sophie Divry apre questa sua opera con una dedica introduttiva che, da sola, può rappresentare la sintesi del contenuto: “a tutti coloro che avranno sempre meno problemi a trovare un posto in biblioteca che in società dedico questo divertissement”. Un divertissement per la verità costoso, l’unica ma doverosa critica. Non è accettabile imporre un prezzo di 10 Euro per un libretto di 65 pagine. Anche con la sciagurata legge Levi si può scendere al massimo del 15%. Questo paese, sotto qualsiasi forma di gestione, continua a penalizzare la cultura e delega la scoperta dei “talenti” alle riedizioni de “La Corrida”. I tacchini non diventeranno mai aquile, ma questo è un vecchio disegno o vizio genetico. Fatta questa debita premessa la valutazione in assoluto di questo libro è decisamente lusinghiera (ho qualche perplessità se penso in termini relativi e ai recenti libri di Allende o Murakami). Si tratta di un monologo ricco di humor e soprattutto di una complicità con i lettori, con quei lettori che condividono il piacere di stare in biblioteca, in libreria e di immergersi nella lettura. Godibilissima la ricostruzione del sistema di classificazione dei libri introdotto da Melvil Dewey e anche del manifesto di Eugène Morel sulle modalità di fruizione delle biblioteche. Il libro è un continuo dialogo in codice con i “book worms”, ed è anche l’elogio del silenzio. Persino le fantasie erotiche (in biblioteca) trovano diritto di cittadinanza. Un piacere sopraffino questa lettura, da condividere con amici intimi, carbonari, aggregati per sintonia. Sophie Divry merita una riflessione approfondita per donarle un nuovo codice di classificazione della sua opera, al li là dei vincoli stabiliti da Dewey!
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