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Per rendere conto degli ultimi risultati della ricerca, questa nuova edizione è aggiornata con studi e pubblicazioni recenti sul senso del tempo negli uomini e negli animali e con nuove valutazioni di ricerche fondamentali
La neurobiologia del tempo – è la tesi del libro – è certamente uno dei meccanismi fondamentali della coscienza. Il senso del tempo è reale ed è una dimensione essenziale della vita. Come il linguaggio e il senso dello spazio, è un evento biologico prodotto da meccanismi nervosi emersi per selezione naturale. L’organizzazione nervosa dei meccanismi del tempo è complessa: le neuroscienze cognitive, impegnate nello studio dei processi che danno vita ai contenuti della coscienza – come il dolore fi sico, lo spazio, il senso del bene e del male, la volontà, la musica, il silenzio, il movimento – se ne occupano da almeno trent’anni, ma alcuni dilemmi fondamentali restano ancora da chiarire.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Finché l’autore rimane nel confine delle sue ottime competenze di neuroscienziato, il libro appare di buona qualità. Il tempo degli umani sembra proprio essere una rappresentazione e quindi una costruzione della sua attività mentale. L’autore sembra però avere un conto aperto verso la fisica teorica, ulteriormente ribadito e rafforzato in questa “nuova edizione” rispetto alla prima edizione del libro. Stranamente infatti l’autore sembra non cogliere la differenza sostanziale che vi è tra l’esperienza degli umani (necessariamente limitata dalle capacità cognitive elaborate sulla base della propria esperienza diretta del solo mondo macroscopico e delle limitate velocità che sperimentano gli umani) e la realtà fisica di concetti come lo spazio e il tempo, di una realtà fisica cioè che può spesso essere ben diversa da come appare “ingenuamente” agli umani. D’altra parte chi lavora professionalmente come fisico intorno agli acceleratori di particelle, quale quello del CERN di Ginevra di cui spesso si parla, sperimenta ogni giorno fenomeni in cui lo spazio e il tempo non rispettano affatto la visione intuitiva di noi essere umani, ma seguono le leggi della fisica. L’autore sostiene in sostanza che esisterebbe una contraddizione tra il tempo descritto dalle neuroscienze e quello della fisica. Un grave errore di metodo, a mio giudizio, in quanto l’autore sembra dimenticare completamente che il tempo della fisica, quello emerso dalla relatività speciale e generale di Einstein agli inizi del secolo scorso, si riferisce a contesti fisici completamente al di fuori della diretta esperienza umana. Infatti, le “apparenti stranezze” del tempo della fisica (gli orologi che vanno a differenti velocità in diversi punti dello spazio, il presente che da elemento puntuale si trasforma in un intervallo, il cosiddetto “presente esteso”) si manifestano giornalmente nei laboratori di ricerca e negli acceleratori di particelle, rimanendo completamente al di fuori della esperienza umana diretta. Contrariamente a quanto asserisce l’autore, non esiste quindi alcuna contraddizione tra l’esperienza del tempo come vissuta dagli umani (limitata a quanto gli umani possono cogliere nella esperienza di vita di tutti i giorni coi loro “limitati” sensi) e la concezione del tempo della fisica, ampiamente verificata sperimentalmente da più di 100 anni in numerosi esperimenti. Lo stesso sistema GPS non potrebbe funzionare se non tenesse conto del “tempo della fisica”. Mentre quindi Benini contesta la verità del tempo della fisica, i fisici non contestano affatto la concezione del tempo come percepita dagli umani, perfettamente consapevoli che l’esperienza umana non può che riferirsi a quanto gli umani sperimentano nella “normale” vita di tutti i giorni, in cui si mescolano attese, emozioni, preoccupazioni e altri elementi; elementi che influiscono sicuramente su quello che potremmo chiamare il “tempo percepito”, ben diverso dal tempo della fisica. Renato Serafini
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