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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2022
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Didi-Huberman, filosofo e storico dell'altre, ci propone un saggio di appena un centinaio di pagine nel quale cerca di valorizzare gli "squarci di luce" del nostro tempo. Parte dall'Inferno di Dante, per passare poi a riflettere su "L'articolo delle lucciole" di Pasolini, su "Il Regno e la Gloria" di Giorgio Agamben, sul pensiero di Walter Benjamin, su alcuni spunti di Charlotte Berardt, Georges Bataille, Hannah Arendt, per concludere col video "Border" di Laura Weddington. Un saggio scritto in modo chiaro e seducente, ma che richiede di essere gustato lentamente anche per la vastità delle citazioni e dei riferimenti culturali, alcuni dei quali - soprattutto per chi non è conoscitore approfondito della filosofia del secolo scorso - richiedono un po' di approfondimenti.
Didi-Huberman, filosofo e storico dell'altre, ci propone un saggio di appena un centinaio di pagine nel quale cerca di valorizzare gli "squarci di luce" del nostro tempo. Parte dall'Inferno di Dante, per passare poi a riflettere su "L'articolo delle lucciole" di Pasolini, su "Il Regno e la Gloria" di Giorgio Agamben, sul pensiero di Walter Benjamin, su alcuni spunti di Charlotte Berardt, Georges Bataille, Hannah Arendt, per concludere col video "Border" di Laura Weddington. Un saggio scritto in modo chiaro e seducente, ma che richiede di essere gustato lentamente anche per la vastità delle citazioni e dei riferimenti culturali, alcuni dei quali - soprattutto per chi non è conoscitore approfondito della filosofia del secolo scorso - richiedono un po' di approfondimenti. Un'opera colta, che cerca di vincere il pessimismo dell'ultimo Pasolini e che cerca di offrire una nuova accezione del "declino dell'esprerienza" in Benjamin così da superarne l'interpretazione datagli da Agamben. Quest'ultimo, ad avviso dell'autore, avrebbe infatti radicalizzato la nozione di <<immagine>>, assegandole due orizzionti: "distruzione pura" o "sopravvivenza" ma nel senso di apocalisse, "redenzione pura". Ad avviso di Didi-Huberman, invece, la "sopravvenienza delle immagini" va intesa nel senso di "una temporalità impura della nostra vita storica, che non implica né distruzione compiuta né inizio di redenzione". Solo così si potrà scoprire il senso e il ruolo della raccolta di sogni/incubi delle persone durante il regime nazista fatto dalla Berardt o del video della Weddington su migranti che cercando di attraversare la Manica. Solo così sarà possibile comprendere Bataille che, nel pieno della guerra, cercò di costruire una sorta di circolo socratico "ma nell'assenza di salvezza e nella riununcia a ogni speranza", ma col proposito di creare "una sorta di collisione tra lo spazio immenso delle <<svenutre del nostro tempo>> e il luogo infinitamente ristretto dell chanche, del riso luminoso, della <<negatività senza impegno>>".Nessuno, secondo l'autore, è probabilmente riuscito meglio della Arendt a descrive la paradossale risorsa di una simile resistenza del pensiero. In tempi in cui la sfera pubblica aveva perso "l'intensità luminosa che apparteneva alla sua essenza", alcuni avrebbero scelto di "ritirarsi dal mondo", lavorando tuttavia a qualcosa che potesse essere <<utile al mondo>>, "a un barlume, insomma".Didi-Huberman non può quindi condidvidere l'idea di Pasolini della definitiva scomparsa delle lucciole. Tutte le esperienze clandestine si rivolgono - "in maniera tanto più imperiosa quanto più sono, innanzi tutto, proibite" - ai popoli che, in un momento o in un altro, potranno comprenderle, atti politici fondati sulla <<comunità che resta>>, <<si attaccano al popolo con le radici più profonde>>. La sofferenza del ritirarsi può trasformarsi nella gioia del movimento. L'agire malgrado tutto, capace di assumere significato nella sua trasmissione all'altro, perché "bisogna almeno riconoscere l'essenziale vitalità delle sopravvivenze e della memoria in generale, quando essa trova le forme giuste per la sua tramissione".
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