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Il “Meccanismo straordinario per il trasporto semi-istantaneo di persone da un luogo all’altro”, meglio noto nel linguaggio corrente come congegno di teletrasporto, è l'invenzione a cui lo scenografo veneziano del XVII secolo Adriano Lavicini deve la sua sciagurata fama. Fu usata una sola volta, a Parigi, con conseguenze catastrofiche. Duecentocinquanta anni più tardi, il tedesco Egon Loeser vuole riportarla in vita in uno spettacolo che ripercorre proprio le gesta di Lavicini. Peccato che Egon non sia certo il più fortunato tra gli uomini, e anche il suo congegno per il teletrasporto si rivela un fiasco; stavolta, per lo meno, come risultato si hanno giusto le braccia slogate di un attore. I problemi di Loeser, però, non finiscono qui: una disinibita Berlino alla fine degli anni '20 si caratterizza per lo stile di vita spregiudicato della sua gioventù con aspirazioni artistiche, divisa fra festini, droghe e avventure erotiche. Egon non ha chissà che successo con le donne, e la sua vita sessuale subisce un grave colpo dopo la rottura con la sua ultima ragazza e l'incontro con una sua ex allieva del periodo in cui arrotondava dando ripetizioni: Adele Hitler non è più la rotonda ragazzina di un tempo, ma è diventata un'attraente giovane donna e Egon si rende immediatamente conto che la sua vita non potrà andare avanti finché non riuscirà a farla sua. Adele è di tutt'altra opinione, e in breve tempo diventa una delle più chiacchierate ragazze di Berlino per la sua promiscuità e il numero di amanti che inanella l'uno dopo l'altro. Loeser, nel frattempo, rimane a bocca asciutta, ed anche dal punto di vista professionale le cose non fanno che andar peggio... Quando, contemporaneamente alla progressiva ascesa del nazifascismo, Berlino comincia ad essere troppo stretta per Adele, per Egon inizia un viaggio lungo nove anni sempre sulle sue tracce, dal vecchio al nuovo continente, tra imbroglioni, creduloni, scienziati pazzi, Lovecraft, complotti passati e presenti, Berlin Alexanderplatz e un libro fotografico francese - Mezzanotte alla scuola infermiere.... La macchina fatale è un continuo susseguirsi e sovrapporsi di generi e situazioni tra le più disparate: c'è il romanzo storico, ma anche la commedia più graffiante; c'è una spy story ma anche l'horror fantascientifico che omaggia esplicitamente H. P. Lovecraft, più volte chiamato direttamente in causa. Le parole si susseguono l'un l'altra incessantemente, come nel racconto complessivamente sconclusionato di un logorroico ipereccitato: un pensiero tira l'altro, anche un po' casualmente, e senza soluzione di continuità. Non si può non ridere delle disavventure di Loeser, sebbene ai margini della vicenda, non manchino i riferimenti al contesto storico, con le piccole e grandi persecuzioni a cui vengono sottoposti gli Ebrei anche prima della messa in atto della soluzione finale. Toni e stili, quindi, si mescolano e si confondono l'uno nell'altro, dando come prodotto un libro sicuramente convincente, così come testimoniato dai diversi riconoscimenti ricevuti (la nomination al Man Booker Prize 2012, il Somerset Maugham Award del 2013, e il RSL Encore Award del 2012). Lo stile di Beuman è fresco, spigliato e scanzonato, sebbene meno immediato e di facile consumo rispetto a quello che ci si aspetterebbe. Volenti o nolenti, c'è del Loeser in ognuno di noi, impegnati a focalizzarci sulle piccole cose che ci riguardano da vicino, con il rischio di perdere il quadro più ampio in un mondo in continua evoluzione. Preferiamo non vedere per non essere coinvolti, un po' vigliacchi, un po' meschini, con le nostre idiosincrasie e una buona dose di sfortuna come compagne predilette. Un lettura sicuramente consigliata, soprattutto se si è alla ricerca di qualcosa di diverso dal solito.
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